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 Pier Costanzo Brio- ASTROLOGIA POSITIVA di CRISTOFORO COLOMBO

Introduzione al Capitolo Primo

Colombo, nel suo primo viaggio, tenne due diari:

uno ufficiale , falso, con le distanze ridotte,

l'altro segreto, vero, con i parametri esatti.

Nessuno dei piloti, che lavoravano in modo indipendente, calcolò la vera rotta e distanza.

Possibile?

Si dice che la ragione non stava con Colombo, che voleva la Terra più piccola del reale, in accordo con Tolomeo.

Ma, in tal caso, perchè i piloti (fra i quali il famoso Martin Alonso Pinzon) davano misure minori del vero, e solo Colombo, segretamente, calcolava e segnava misure maggiori?

Vi è evidente contraddizione.

Se veramente Colombo avesse creduto in un riferimento proiettivo diverso dal reale, diciamo un raggio terrestre minore, avrebbe calcolato le rotte come i suoi ufficiali piloti, oppure le avrebbe dichiarate ufficialmente maggiori, tenendo segreti i dati minori, e si sarebbe sperso nell'immensità dell'oceano.

In questo caso, le misure che Colombo occultava, ritenendole vere, avrebbero dovuto essere minori, e non maggiori di quelle che diceva, e che, secondo questa ipotesi, dovevano essere in accordo sostanziale con quelle dei piloti.

Invece è vero l'esatto contrario.

Ipotizziamo, per assurdo, che l'unico errore di Colombo sia stato di proiettiva, dovuto alle convinzioni parametriche del tempo.

Detto in termini elementari, l'errore presunto poteva consistere nel fissare una minore ascissa, ovvero un minore raggio terrestre, ed un maggiore angolo, per cui veniva percorsa la stessa lunghezza di arco, ovvero la stessa distanza di un calcolo reale.

In questo caso Colombo doveva calcolare la rotta in modo al tempo classico, mediante triangolazioni (con riferimenti inesistenti in mare aperto), velocità, direzione (data dalla bussola), tempo (misurato con clessidre), con errori ovviamente enormi, e nel caso di tempesta, perdita praticamente totale del punto.

Il suo primo viaggio, ci dimostra che non procedeva affatto alla cieca. In particolare non cadde negli errori di rotta dovuti alla declinazione ed alla tolleranza delle bussole stesse, perchè procedeva con le stelle, dice il figlio, dicono i testimoni.

Procedere con le stelle, nel senso di fare il punto mediante esse, implicava l'uso dell'astrolabio e conoscenze astrologiche e matematiche non comuni al tempo, inoltre implica, ancora oggi, un particolare uso delle effemeridi.

Sappiamo che Colombo conosceva ed usava l'astrolabio.

Ma usando le effemeridi per fare il punto, Colombo non poteva fare l'errore di proiettiva prima supposto, essendo un metodo squisitamente polare, semmai poteva errare nella distanza.

Troppe incongruenze.

La presente analisi è volta a scoprire la vera identità scientifica e matematica di Colombo, ovvero se era veramente un fortunato ed ignorante "praticone", aiutato dal Padreterno in persona dello Spirito Santo, che credeva la terra più piccola del vero, oppure all'opposto, un genio positivo, scientifico e matematico, che conosceva le vere dimensioni terrestri, aveva sviluppato metodi astrologici di misura in anticipo sui tempi di secoli, e si burlava dei coevi mediante artifizi astrologico-matematici.

Quindi ci proponiamo di svelare gli artifizi ed i metodi di misura usati da Colombo, sino a risolvere il grande enigna: svelare il misterioso "calcolo" astrologico di cui parla negli scritti, che gli permetteva di trovare sempre le coordinate, ovvero il punto, del luogo ove si trovava, senza l'ausilio di altri metodi o strumenti.

Iniziamo questo lavoro, con la convinzione comune che Colombo fosse un cattivo matematico, ma come vedremo, scopriremo il contrario; iniziamo convinti che avesse errato calcoli e dimensioni, e scopriremo che invece si prendeva il lusso di imbrogliare scientemente i più capaci Dotti e Navigatori dell'epoca; e riusciva sempre, solo lui, a calcolare la vera rotta, sia durante il primo viaggio, che nei successivi, con gran stupore di tutti.

La conclusione scientificamente accettabile è una sola:

Conosceva, la vera dimensione della terra, ma la occultava artatamente.

Colombo vuole dimostrare di aver raggiunto le Indie orientali ma, ipotizziamo, sà di aver raggiunto una nuova terra, le Indie occidentali, tutte da scoprire e conquistare, non essendo di nessun Re civile e potente. Il figlio stesso ci dice che il padre sospettava, e sperava, nella esistenza di queste terre cuscinetto.

Dal punto di vista di Colombo l'esistenza di nuove terre è estremamente vantaggioso: poteva diventare Signore (vicerè con ampi poteri) di un mondo nuovo, mentre non avrebbe certo potuto impossessarsi di terre civili su cui già regnava un potente. Purtroppo la cosa esulava dal suo mantato, essenzialmente commerciale, avuto dai Re Cattolici: raggiungere le Indie, la Cina, ed instaurare rapporti con gli imperatori orientali, riportare spezie ed oro a basso costo, saltando gli intermediari storici. Questo era nella sostanza lo scopo primario, la condizione di riuscita dell'impresa.

Quindi Colombo deve assolutamente dare prova e dimostrare di aver raggiunto, o quasi, le Indie orientali, ed allo scopo usa tutte le astuzie di cui è capace, matematiche, astrologiche, cosmografiche. Deve far passare del tempo, trovare oro e ricchezze, proseguire l'opera di colonizzazione, in caso contrario, tutto è perduto.

Colombo conosce, dopo anni di rapporti diretti, la concreta ed effettiva capacità dei dotti saccenti che lo hanno giudicato e deriso: quindi è certo di riuscire a confonderli, con banali artifizi.

Inoltre, se la nostra ipotesi è valida, Colombo pone attenzione nel non fornire mai, esplicitamente, il parametro di riferimento, e nel non contraddire provatamente idee scientifiche e religiose preconcette, che in definitiva, sono a suo vantaggio.

 

 

PREMESSA:

Fine della presente analisi è verificare e provare la nostra Ipotesi:

 

  • a)- Colombo conosceva la vera dimensione terrestre
  • b)- dichiarò una dimensione 1,3 volte inferiore il vero
  • c)- non errava i calcoli
  • d)- conosceva le vere distanze percorse
  • e)- formulò artifizi astrologici per confondere i dotti
  • f)- aumentò gli archi del rapporto 1,3 circa
  • g)- sapeva di non essere giunto alle Indie orientali
  • h)- era un abilissimo matematico, un genio.

 

Infine verificare l'attendibilità della nota data ufficiale della scoperta, provarne l'impossibilità fisica, e ricavare la vera data del primo sbarco, che il diario e tutti i testimoni confermano essere avvenuta un GIOVEDI civile (secondo la datazione dell'epoca), e non di venerdì, come risulta essere il 12 ottobre 1492.

Quindi scoprire se Colombo usava artifizi matematici, e gli artifizi stessi, e prepararci a svelare il suo grande segreto: il metodo astrologico-astronomico applicato alla cosmografia, per trovare il punto con il solo ausilio delle stelle, e null'altro.

Non verrà usato il calcolo infinitesimale, per ovvie ragioni di tolleranza, e per adeguamento alle possibilità reali dell'epoca.

Non si vuole neppure tediare con sfoggio di analisi, o proiettiva:

lo scopo è unicamente

quello di analizzare l'attendibilità delle nostre ipotesi,

evidenziare eventuali assurdità e menzogne

svelare i metodi usati da Colombo

Verrà usato pertanto solo il calcolo elementare e trigonometrico.

Nel caso di sviluppi curviformi, come le rotte diagonali, intersecanti più paralleli e gradi longitudinali, effettueremo il semplice calcolo pitagorico, ridotto al parallelo medio matematico.

In parole povere, ridurremo il valore in metri dell'unità di arco sulla superfice terrestre, alla semplice media aritmetica, fra il valore minimo, corrispondente alla latitudine maggiore, e quello massimo, spettante alla latitudine minore.

Quindi effettueremo il calcolo pitagorico sul triangolo, considerato piano. La cosa è possibile, su piccoli incrementi di grado, con errore trascurabile, specialmente se consideriamo le larghissime tolleranze medie dell'epoca.

Pare impossibile oggi, con i nostri mezzi e le nostre conoscenze, ma la determinazione della longitudine, al tempo era molto difficoltosa, assai più della latitudine, ove non mancavano comunque errori notevoli, di 10° ed oltre, commessi dai migliori scienziati.

Il principale merito misconosciuto di Colombo è proprio stato quello di elaborare un metodo certo, puramente astrologico e matematico, per trovare il punto, anche in mare, ovvero in presenza di rollio ed altri disturbi tipici. Trovare il punto astrologicamente significa calcolare latitudine e longitudine, senza triangolazioni terrestri (come vedremo) e senza l'ausilio della bussola, secondo le conoscenze astronomiche dell'epoca, che coincidevano con quelle astrologiche. Per fare questo occorre un notevole bagaglio culturale di tipo scientifico ed una notevole esperienza, quindi un opportuno metodo di compensazione degli errori, altra misconosciuta scoperta colombiana, che Colombo descrive minuziosamente ed in modo scientifico, ma non certo in modo elementare.

Rimandiamo, al capitolo dedicato al metodo colombiano di calcolo del punto, l'esame dei concetti basilari dell'astrologia, per il momento non essenziali ai nostri fini immediati, limitati a semplici calcoli di distanze e di rapporti, secondo l'ottica ed i sistemi di misura del tempo.

 

 

Analisi matematica del primo viaggio di andata

Gomera-S. Salvador

 

Iniziamo con una vista di insieme (fig.9) del teatro della nostra analisi: il viaggio di scoperta, quando a detta dei puristi, Colombo commise il primo errore di valutazione, ritenendo la terra più piccola del vero, del rapporto 1,3, ovvero del rapporto tolemaico.

Come si vede, in figg. 10 e 11, il primo viaggio sottende un arco di circa cinque ore da Palos a S. Salvador, ovvero dalla Europa occidentale, e circa sei ore dalla europa centrale, Italia.

Come origine degli archi è stata scelta l'isola della Gomera, partenza della effettiva attraversata oceanica.

Sono chiaramente visibili, in fig. 10, le diversità di percorsi per sottendere un fuso orario, alle diverse latitudini, che compaiono come cerchi concentrici, essendo il grafico in coordinate polari.

Le coordinate polari sono più adatte a descrivere un percorso su di una sfera, ma meno usuali di quelle classiche cartesiane.



Ovviamente, a parità di ore angolari, la distanza effettiva percorsa è MINORE, sia nel caso di minor raggio terrestre, sia a maggiore latitudine, essendo minore il relativo parallelo.

Vediamo quindi come appare, lo stesso viaggio, raffigurato in coordinate Cartesiane cilindriche (fig. 11).

Tutto appare più semplice, ma solo in apparenza, dal momento che le ascisse variano in funzione della cosinusoide delle ordinate, essendo appunto la terra sferica. Questo significa che il grafico di fig. 11 non si presta a rappresentare grandi deviazioni "verticali", ma solo "orizzontali": proprio il nostro caso.

Il percorso, nel grafico cartesiano di fig. 11, è stato schematizzato all'essenziale, quindi assume il valore di percorso limite minimo.

Infatti, è impensabile un procedere esattissimo, senza deviazioni di sorta dal percorso ideale, che diviene appunto il minimo teorico.

Il percorso reale effettivo, misurato da chi ha una esatta nozione del diametro terrestre reale, deve essere in ogni caso maggiore, od al limite eguale, a quello del grafico.

Al contrario, un minore percorso misurato da Colombo, sarebbe effettivo indizio di una sua concezione di minor valore del raggio terrestre.

Diciamo percorso misurato, e non solo dichiarato; al proposito occorre rammentare sempre, che Colombo teneva due diari, su quello segreto segnava i veri percorsi, su quello pubblico segnava e dichiarava, ma appositamente ed artatamente, percorsi minori, diminuiti di un certo rapporto, che vedremo essere proprio quello tolemaico, e forniva dati simili a quelli misurati dai capitani.

 

Calcolo elementare

del percorso limite minimo

 

Effettueremo ora il calcolo, in modo elementare, grazie al fatto che le curve diagonali linearizzate sono solo due: una di un grado e l'altra di tre, come ben visibile in figura 11 .

In questi due casi, di rotta diagonale, l'ordinata (spostamento in verticale) non subisce variazione (immaginiamo la terra perfettamente sferica), mentre l'ascissa (o spostamento orizzontale) viene calcolata sul parallelo medio, corrispondenti ai 27°30' e 25°30' rispettivamente. Questo occorre fare per quanto già accennato, ovvero tradotto in parole povere, le linee orizzontali del grafico che, sulla carta, hanno la medesima lunghezza, sulla terra sono di lunghezze differenti. In questo caso la differenza è piccola.

La gran parte del viaggio è facilmente calcolabile, giacendo sul parallelo del 27° grado, per una longitudine di 46°:

46·pi·12756·cos(27°)/360 = 4562,47 km.

a cui va aggiunta l'ipotenusa (tratto obliquo) del piccolo triangolo in prossimità della Gomera:

{(pi·12756/360)2·(4·pi·12756·cos(27°50')/360) 2}1/2 = 410,33 km.

ed il tratto obliquo, od ipotenusa, in prossimità di S. Salvador:

{(3·pi·12756/360)2(8·pi·12756·cos(25°50')/360) 2}1/2= 870,4 km.

ovvero, il limite minimo del percorso è:

4562,47+410,33+870,4 = 5843,2 km.arrotondiamo la cifra, a sfavore di Colombo, in

5844 km.

Questo è il limite minimo a cui tende il percorso effettuato da Colombo, arrotondato in eccesso. Ovvero:

5844/1,480 = 3948,65 miglia Italiane antiche

Quindi:

5844/(4·1,480) = 987,16 leghe nautiche antiche

che arrotondiamo in eccesso, a scanso di contestazioni, ed otteniamo il percorso minimo della prima traversata oceanica:

988 leghe (antiche)

La distanza misurata, dalla Gomera a S. Salvador da Colombo, come si ricava dalle Historie di Las Casas, di Fernando e da quanto sappiamo dei diari di bordo, era di circa

1076 leghe (antiche)

La stessa distanza, secondo i piloti era di circa

820 leghe (antiche)

Quindi, risulta che i piloti ritenevano la terra

più piccola di:

1076/820 = 1,3 volte

di quanto la ritenesse Colombo

Risulta anche, e sopratutto, che

i piloti ritenevano la terra più piccola del vero!

Conclusione:

Non era Colombo ad errare,

ma erravano i suoi piloti.

Proprio l'esatto contrario

di quanto ci hanno sempre propinato

ed inculcato sin dagli studi elementari!

Anche i più esperti e dotti osservatori scientifici reali, scienziati ed ufficiali, che presero parte al viaggio, non si accorsero delle vere distanze percorse, tanto erano radicati nell'errore.

Ma è mai possibile che a nessuno sia venuto in mente di effettuare una analisi matematica? Mistero. Provate anche voi un leggero senso di vertigine, di nausea? Ed ora viene il bello.

Colombo, misura la distanza in 1076 leghe circa, il che soddisfa ampiamente la nostra ipotesi, con uno scarto, in vantaggio, di:

1076-988 = 88 leghe

Mentre i piloti si tengono al di sotto di:

988- 820 = 168 leghe

Lo scarto proporzionale fra la misura di Colombo, segreta, e quella media dei piloti è, come visto 1076/820 ossia

circa 1,3

Il che prova come i piloti e gli osservatori mandati dal re, ritenessero la terra più piccola del vero di 1,3 proprio l'errore di cui si accusa ingiustamente Colombo.

E Colombo ha tutto l'interesse a lasciarlo credere, sia per tutelare al massimo la segretezza dei parametri essenziali, sia perchè riteneva ancora possibile una sua egemonia futura.

Sono quindi verificati, ma non confermati, i punti:

b) c) d) della nostra ipotesi

Malgrado molti storici siano capaci di avvalorare per certo dati campati in aria, e molto meno provati di quanto da noi ora fatto, non possiamo ancora affermare che Colombo ritenesse veramente la Terra dell'ordine di grandezza reale, ma solo che la riteneva più grande di quanto la ritenessero i piloti, e che questi probabilmente la reputavano più piccola del vero, ammesso e non concesso che avessero veramente accettato la sfericità della medesima.

Non è sufficiente per una affermazione scientifica, manca il parametro di riferimento: il raggio terrestre, oppure l'arco.

Proprio quello che Colombo non aveva, se non come ipotesi.

Vedremo poi, che l'asso nella manica di Colombo era proprio il suo metodo di calcolo del punto, sviscerato dalle triangolazioni, dalle misure con la corda, dalla stessa bussola: un metodo di tipo pseudo moderno, ovvero astronomico. Ma tale metodo, che spiegherebbe molte cose, non è ipotizzabile a priori: lo sveleremo a suo tempo.

Analisi delle misure colombiane

Primo parametro che occorre conoscere è il margine di errore tipico che veniva commesso dai migliori scienziati e capitani dell'epoca, ovvero imputabile agli strumenti, ai metodi di misura, ed ai metodi di calcolo.

Dalle Note di pugno di Colombo, si ricava:

Diaz, nel 1488 riferisce essere il capo di Buona Speranza a -45°

invece del valore effettivo di -34°23' (ovvero 34,38 decimale)

con uno scarto proporzionale di:

45/34,38 = 1.30

ancora una volta ricompare lo stesso rapporto di cui Colombo si aspettava errassero i suoi piloti.

Colombo nelle sue note cita la ipotesi tolemaica:

ciascun grado corrisponde a 56 miglia e 2/3,

(56+2/3)·360 = 20.400 miglia

perimetro terrestre equinoziale 20.400 miglia

Questo porta alla conclusione che Colombo ufficialmente dichiarava le dimensioni della Terra più piccole del vero, in accordo con Tolomeo:

20400·1,480 = 30.192 km. di circonferenza equatoriale

30192/pi = 9610,4 km. di diametro

12756/9610 = 1,3 circa

Ritroviamo nuovamente, non a caso, il rapporto di 1,3 circa.

Colombo, come visto, non poteva ritenere la terra più piccola di 1,3 volte il reale perchè, in segreto, diminuisce ulteriormente, proprio di questa proporzione, la distanza effettiva percorsa, convinto che questa sarebbe stata la distanza misurata dai piloti.

Ne consegue che:

Colombo dichiarava ufficialmente la Terra più piccola

di 1,3 volte il reale,

in accordo con Tolomeo

ma era cosciente che la vera dimensione è maggiore

Riassumendo: Colombo sà che la Terra, è comunemente misurata più piccola dagli ufficiali piloti e dagli scienziati, quindi può sperare di ingannarli: infatti calcola, in segreto, la vera rotta, e la riduce di un rapporto di 1,2 ovvero poco meno di 1,3 sapendo in tal modo di fornire, in media, la percorrenza maggiore, ovvero di non essere scoperto. Chi poteva sospettare che diminuisse le vere distanze, se era proprio lui a denunziare la media maggiore?

La prova è nel diario segreto, tenuto per lo scopo suddetto.

Il fatto che l'incremento degli archi sia proprio 1,3 è indizio grave che Colombo conoscesse, o meglio ipotizzasse, non solo che la terra fosse più grande, ma la vera ed esatta dimensione terrestre.

 

 La vera data della scoperta

Le, poche, e preziosissime carte coeve, sia quelle certamente addebitabili all'Ammiraglio, sia quelle apografe, sia quelle di suoi eventuali omonimi, sono la sola vera fonte originale.

Parrebbe quindi dover essere, questi documenti, di affidabilità certa, ma purtroppo questo vale solo per i documenti di cui ci è pervenuto l'originale, 42 in tutto, ed alcuni apografi autenticati, che possiamo reinterpretare.

La ragione è semplice, e ben nota ai paleografi: la traslazione del testo manoscritto in un testo stampato, ovvero la traduzione paleografica di un documento medioevale, comporta un certo margine di incertezza, e quindi di interpretazione personale.

Una lettura in chiave moderna di un manoscritto del quattro-cinquecento richiede una rilettura dell'originale, zeppo di note tironiane, troncature, simboli, e via di seguito.

La stessa, apparentemente semplice, lettura dei numeri medioevali deve tener conto di simboli quanto mai fantasiosi.

In particolare occorre tenere presente che in mare si usava spesso la datazione astrologica (astronomica), che iniziava a mezzogiorno e terminava a mezzogiorno (del giorno dopo), in contrapposizione alla volgare datazione civile, che iniziava e terminava al tramonto.

Ovviamente la datazione astronomica era più rigorosa e scientifica, ma pochi la sapevano utilizzare nel modo esatto, i letterati, gli storiografi, i non matematici, facevano una gran confusione.

Ad esempio il diario di bordo cita la data della Scoperta, come accertata, due ore dopo la mezzanotte di giovedì, ecco il commento di Las Casas: "pare che, dato che si vide terra due ore dopo la mezzanotte del giovedì, si debba attribuire al venerdì questa scoperta; la quale di conseguenza avvenne il 12 ottobre". Tutto sbagliato, ed il Las Casas era un erudito umanista.

Il dato va interpretato come 11 ottobre, sino a mezzogiorno del giovedì, infatti le due di notte appartengono, nella datazione moderna, alle prime ore del giorno giovedi, concorde sino al mezzogiorno, poi la datazione astrologica incrementa al venerdi, mentre quella moderna continua come giovedì sino a mezzanotte.

La scoperta certa venne fatta

di giovedì mattina

il giorno 11 di ottobre 1492.

Infatti non è mai esistito un giovedi 12 ott. 1492, e la scoperta venne sicuramente fatta di giovedì, come da diari, testimoni, scritti coevi, atti ufficiali del processo intentato alla corona da Colombo, quindi non di venerdi, come erroneamente dedotto dagli umanisti, poco vezzi al sistema astrologico.

Questo spiega, tra l'altro, le numerose discrepanze di data fra Ferdinando Colombo ed il Las Casas, di fatto concordi per il resto.

Sono proprio queste differenti interpretazioni a dimostrare che i due autori ebbero lo stesso materiale quale fonte primaria, ma che ognuno lo lesse ed interpretò in modo indipendente e personale.

Ovvero i due autori si convincono

vicendevolmente di autenticità.

L'Ammiraglio, ovviamente si atteneva, salvo eccezzioni, alla datazione astronomica, in modo preciso, come comprovano gli scritti, la facilità con cui determinava lo spostamento dei fusi orari, rilevava le differenze di orario delle eclissi, ovvero prevedeva con precisione le medesime in luoghi diversi dall' Europa.

Alcune datazioni di Colombo risentono del linguaggio iniziatico dell'astrologia, all'epoca cosa unica con l'astronomia.

Colombo, per varie ragioni che vedremo, teneva segrete le sue teorie, i suoi calcoli, tutto quello che poteva svelare, e dal suo punto di vista inficiare, la sua impresa, quindi forniva versioni ufficiali ermetiche, conformi alle teorie ecclesiastiche medioevali, e solo in apparenza errate.

 

 

 Artifizi Cosmografici
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