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Pier Costanzo Brio- ASTROLOGIA POSITIVA di CRISTOFORO COLOMBO

Introduzione alla sintesi Narrativa

 

Vengono qui sintetizzati, in forma narrativa, i risultati della ricerca e della successiva analisi sui dati coevi. Ne emerge una figura di Cristoforo Colombo del tutto nuova ed antitetica, forse per alcuni scandalosa, ma assai realistica e logica. Nulla, di tutto quanto propinatoci dalla tesi ufficiale, regge la ricerca e l'analisi sui dati coevi.

Colombo non è un popolano, umile e mite lanaiolo, ma un nobilissimo, orgoglioso e temerario corsaro;

non è un povero artigiano poco istruito, ma un ricchissimo e coltissimo amico "particolare" di re e regine, conosciuto e "benvoluto" nelle corti di mezza Europa;

non un sognatore, che ignaro del vero, per puro caso fortuito fece la scoperta, ma uno spirito scientifico "moderno", che aveva scoperto ed elaborato metodi e calcoli per la determinazione univoca ed assoluta del punto, che conosceva la vera dimensione terrestre, cosciente di aver scoperto una nuova terra cuscinetto che lo separava dalle Indie orientali.

Infine Colombo muore, non povero, esiliato ed abbandonato, ma spaventosamente (e pericolosamente) ricco, membro del consiglio della corona, contornato da funzionari regi, parenti e servitori.

In particolare, emerge che Cristoforo Colombo era uno scienziato, nel senso moderno del termine, che adotta il metodo della osservazione sperimentale, due secoli prima di Galileo.

 

 

Racconto: le origini

 

Nel 1437, in un piccolo castello del Monferrato, nasce Cristoforo, primogenito di Domenico Colombo, di sangue paleologo.

Conviene ricordare che i paleologi erano stati i Signori della Palestina ed erano (ancora per poco) principi di Costantinopoli.

Per sapere chi era questo Domenico, e come si era ridotto a possedere solo una piccola quota del feudo di famiglia, che da sola forse non bastava, a camparlo, conviene fare un salto di 28 anni, indietro nel tempo.

Nel 1409 Teodoro II paleologo, marchese di Monferrato diviene Signore di Genova, col titolo di presidente e Capitano. I Colombo monferrini, che avevano subito gravi perdite nel corso della guerra, a fianco del loro illustre signore (e consanguineo), poterono finalmente godere della meritata ricompensa: un Berretino Colombo fu nominato Capitano di Acqui e fiduciario di Teodoro II, ed un suo omonimo divenne Pretore di Alessandria; un Nicolino si trasferì in pianta stabile a Cogoleto, si fece chiamare Domenico, ed ebbe almeno due figli che chiamò Cristoforo e Bartolomeo.

Il nostro Domenico, papà dello scopritore delle indie occidentali, è all'incirca coetaneo del Cristoforo di Cogoleto, figlio di Domenico Nicolino.

L'uso di chiamare i figli con il nome degli avi era radicato, quindi non dobbiamo stupirci se abbondano i Domenico Colombo che hanno figli di nome Cristoforo, Bartolomeo e Diego.

Nel 1413, Teodoro II è cacciato da Genova, dai Campofregoso, dagli Adorno, e guarda caso, dai Giustiniani che per l'occasione sono fatti nobili. Rammento che proprio un Giustiniani scrisse per primo della "umile origine" dei Colombo.

Non stupisce che, a quel tempo, il Monferrato fosse considerato sia Liguria, come parte dello stato genovese, sia Lombardia, come regione geografica, essendo detto Piemonte la sola striscia di terra, propriamente "ai piedi dei monti": Asti era già considerato in terra di Lombardia.

I paleologi naturalizzati genovesi, ovviamente divennero quanto meno sospetti agli occhi dei Dogi, alcuni riportarono la famiglia nel Monferrato, sebbene continuassero a svolgere attività marinare per conto della repubblica, altri si stabilirono a Piacenza, altri ancora, come i Colombo di Cogoleto, si diedero alla più lucruosa (ed al tempo nobile) attività di corsari.

Sappiamo che un paleologo, dello stesso casato e dello stesso nome del nostro personaggio (Cristoforo) diviene Ammiraglio di Francia e corsaro angioino sotto lo pseudonimo di Colombo il Giovane.

Sappiamo pure che non fù l'unico corsaro paleologo a chiamarsi in tal modo: Colombo il Giovane era anche un certo Giorgio Bissipat, detto il Greco, detto l'Archipirata, che approdò giovanetto in Francia solo nel 1453, dopo la cacciata dei paleologi da Costantinopoli;

in virtù del suo sangue principesco (paleologo),  divenne amico di re Luigi XI, Ammiraglio di Francia, e corsaro con il soprannome di Colombo, appunto il Giovane.

Ovviamente vi furono, assieme ai Colombo Giovane, corsari detti Colombo Vecchio, Ammiragli e nobilissimi.

Le scarse finanze del nostro Domenico, ci portano a pensare che si dedicasse ad attività marinare, solo saltuariamente, come ufficiale al fianco di qualche suo parente più ricco ed illustre, trascorrendo la più parte del tempo nel suo paese natio.

In che cosa esattamente consistessero queste attività marinare, specie dopo la cacciata di Teodoro II, non possiamo certo farci soverchie illusioni: la "córsa" era una attività nobile, e rendeva il decimo del bottino.

 

 

Documenti: la famiglia

 

Prima di proseguire il nostro racconto, verifichiamo se, fra le numerose famiglie Colombo della antica terra dei Liguri (che comprendeva gran parte del Monferrato), ve ne sia qualcuna soddisfacente i requisiti da noi ipotizzati, conformemente alla analisi.

Nel 1419 un Domenico Colombo di Cuccaro viene investito del 18 per cento del feudo medesimo. I Colombo di Cuccaro sono di sangue paleologo, ed il loro albero genealogico dimostra la loro parentela con i Colombo di Piacenza ed i gia detti Colombo di Cogoleto.

Domenico, dopo Cristoforo, avrà altri due figli: Bartolomeo e (pare) Diego.

Il Cristoforo di Cuccaro nasce nel 1437.

La tesi monferrina di Cuccaro, vanta al suo attivo fior di storici quali Galeani Napione, Carlo Denina, Luigi Gabotto, ecc..

Quasi tutto combina a meraviglia con le viste nostre ipotesi, per contro vi è la morte di Domenico, datata 1456 (piu' logico con la tesi sarebbe il 1451), ed altri particolari "rimasugli" della tesi purista, dura a morire.

Sicuramente i Colombo paleologi sono avi del nostro Cristoforo, e la cosa è stata dimostrata dal tribunale spagnolo coevo.

Che poi, proprio questo Domenico, figlio di Lancia, sia il padre dello scopritore, la cosa è estremamente probabile, anzi, la più probabile a disposizione.

 

 

Racconto: i primi anni di vita

Cristoforo (il futuro scopritore) rimane orfano, almeno di madre, verso i cinque anni di età (nel 1441), e finisce in un convento di Pavia (o dintorni), dove viene allevato ed istruito da monaci minoriti, grazie ai suoi diritti feudali. In quegli anni, un Giovanni Colombo paleologo è Vescovo titolare di Betlemme, e morirà nel 1466. La stessa sua sorte, nel 1483, toccherà al suo figlio primogenito Diego, rimasto orfano della nobile madre Felipa Muñiz. Raggiunti i 14 anni di età, la massima per continuare a rimanere in convento senza voti, Cristoforo rimane orfano anche di padre e, non avendo la minima idea di farsi frate, deve lasciare il convento. I suoi parenti (contitolari del feudo), che non navigano nell'oro, non se la sentono di provvedere a lui e fratelli, quindi pensano bene di incamerare la quota feudale del fu Domenico, in cambio del loro affidamento presso una famiglia Colombo di Genova, e la copertura delle spese per la loro istruzione superiore. Cristoforo, sul momento, non si rende conto che proprio questo è l'inizio della sua fortuna, e ci rimane molto male, si sente tradito ed abbandonato dal suo stesso sangue. Raggiunta Genova, Cristoforo scopre la sua vera vita, il mare, e vuole subito iniziare a navigare. Suo nuovo tutore diviene quel parente dello stesso nome, Cristoforo, il corsaro detto Colombo il Giovane, Ammiraglio di Francia, che guarda caso aveva anche un fratello di nome Bartolomeo, proprio come lui. Questo Colombo il Giovane si prende cura del nostro Cristoforo dal 1451, e lo imbarca come mozzo. Cristoforo vuole dimenticare la sua triste infanzia: si considera (ma probabilmente a torto) derubato e tradito dai suoi più diretti consanguinei e li cancella dalla sua memoria. Quindi dà un taglio netto con il passato: si sente veramente e solamente cittadino di Genova, e quando può naviga, senza mai lasciare lo studio. I professori di cosmografia, astrologia e matematica non mancavano certo sulle navi, e non possono mancare a Cristoforo, che è attratto da queste discipline. Inoltre viene messo al corrente dei "segreti" del mare e delle stelle, dall'Ammiraglio in persona e dai suoi migliori ufficiali.

 

Racconto: la gioventù

Nel 1456 Cristoforo diviene maggiorenne e viene promosso ufficiale militare. Si sente libero e rinato, pronto ad iniziare una nuova vita. Finisce il corso da Capitano nel 1461, ed ottiene il comando di una nave della flotta dall'ex tutore, Ammiraglio di Francia.

Sempre nel 1461, Genova si ribella agli angioini, quindi Colombo deve eleggere a sua base di terra Savona. Inizia a navigare (anche) per proprio conto, e partecipa ad azioni corsare. Il Signore che assoldava un corsaro doveva riconoscere al medesimo, quale diritto di corsa, il decimo del ricavato dalle azioni. Colombo guadagna ed investe la sua quota presso le famose banche genovesi, probabilmente in conti anonimi, acquistando credito "discreto".

In questi anni naviga per tutto il mediterraneo, ed in particolare si reca all'isola di Scio, che era sotto protettorato genovese, dove osserva la pesca delle spugne. Nel 1464 anche Savona si libera dei francesi, e la base "corsara" di Colombo diviene Marsiglia. Di una azione da lui comandata, con base a Marsiglia, in qualità di corsaro angioino, ai danni degli aragonesi, abbiamo descrizione autografa. Naviga per ben 23 anni, quasi senza soste, e matura una esperienza marinara, tecnica e teorica, veramente formidabile.

Il suo sogno segreto è di accumulare tanto danaro da poter riscattare un nuovo feudo ed originare un nuovo casato, con tanto di maggiorasco inalienabile; la speranza impossibile è di riconquistare ai Mori il trono palestinese perso dagli avi.

 

 

Racconto: l'approdo in Portogallo

Nel 1474, come capitano di una nave della flotta del suo ex tutore Colombo il Giovane, Cristoforo prende parte ad una azione corsara al largo di Lisbona, e naufraga nelle sue vicinanze. Appena rimessosi in salute si reca nella capitale portoghese, terra di Enrico il navigatore. In questi anni sono i portoghesi ad effettuare le navigazioni estreme e scoprire i nuovi limiti geografici, Cristoforo ne subisce irrimediabilmente il fascino, e decide di stabilirsi in Lisbona, per dedicarsi con rinnovato vigore ai suoi progetti, allo studio, ed alle sue teorie. Conosce un fiorentino di nome Lorenzo Girardi, che gli parla del carteggio che il famoso fisico Paolo Toscanelli ha con un canonico di Lisbona, Fernando Martinez. Detto fatto, Colombo invia una lettera ed un suo mappamondo, o sfera, al Toscanelli, che gli risponde con segni di profonda stima e considerazione culturale; in particolare, Toscanelli avvalora la teoria colombiana di raggiungere l'oriente per via di occidente, reputandola possibile in pratica, ed invia a Colombo una sua carta geografica. Inizia così fra i due una breve ma coltissima corrispondenza scientifica in latino, che infiamma Colombo, e lo convince a mettere in pratica le sue teorie. Quindi chiama presso di se il fratello Bartolomeo, cui passa il lucruoso compito di cosmografo, da lui intrapreso in Lisbona, e riprende a navigare per le regioni estreme. Nel 1477 raggiunge il confine di nord-ovest, ovvero l'isola di Thile (Islanda), e probabilmente le coste della Groenlandia. Ritornato in Lisbona giudica opportuno realizzare la prima parte del suo proposito: crearsi una famiglia; infatti dispone di un buon credito pecunario, ed ha appena compiuto i quarant'anni di età.

Nel 1478 sposa la nobile cavaliera di sangue principesco Felipa Muñiz Perestello, figlia del governatore dell'isola di Porto Santo, sorella del governatore di Madera. Dopo le nozze, si trasferisce nella casa della suocera, rimasta vedova, dove trova i libri e le carte del suocero Perestrello, che era stato un grande capitano, e scopritore, con due portoghesi, dell'isola di Madera. Tutta manna dal cielo per Colombo che si tuffa nello studio.

Nel 1479 nasce il primogenito Diego, e la famiglia si trasferisce in una casa di loro proprietà nell'isola di Madera, dove Governatore è diventato il fratello di felipa. Cristoforo prosegue le sue ricerche, osserva, interroga, naviga. Nel periodo dal 1479 al 1482 si reca spesso in quella che al tempo era detta genericamente Guinea, e che ora è il Ghana: il punto estremo più a sud-est al tempo conosciuto. Verso la fine del 1481 - inizio 82, per breve tempo dimora nella fortezza della Mina, appena terminata, ed effettua misure astronomiche, cosmografiche e climatiche. Durante questi viaggi transita spesso dalle Canarie, e si ferma in particolare alla Gomera, dove osserva con attenzione il comportamento dei venti, i resti lasciati dalle onde dell'oceano, e diviene amico dei Signori dell'isola, in particolare della signora Bobadilla. Intanto, nel 1482, la moglie si ammala, e la famiglia ritorna in Lisbona dove è diventato re Giovanni II, con cui aveva confidenza di amicizia (è lo stesso re a reputarsi tale per iscritto). Per la prima volta, Colombo sottopone il suo progetto all'attenzione di un Principe Regnante: in cambio voleva il governatorato, la solita decima di retaggio corsaro, la possibilità di costituire eserciti (per la conquista della Palestina), e cosa grave (dal punto di vista del re), il Vicereame delle terre scoperte o conquistate. Il re si mostra interessato, Colombo si fida dell'amico, quindi lascia in visione le carte dell'impresa, senza però svelare i particolari, ed ovviamente il suo metodo di rilievo e calcolo del punto, che stava ancora perfezionando. L'anno seguente (1483), Felipa muore, e Colombo tralascia momentaneamente i suoi progetti per curare le pratiche di successione, accudire al piccolo Diego di soli quattro anni.

Giovanni II, era sinceramente tentato dal progetto, che aveva nelle sue mani, ma non voleva rischiare la concessione di un (assai pericoloso) vicereame, sopratutto all'amico Cristoforo, di cui sapeva, sin troppo bene, dei suoi trascorsi corsari e dei suoi sogni. Se la scoperta fosse stata fatta "per caso" da un suo capitano, avrebbe potuto compensare Colombo, a sua discrezione, magari con una contea; ma nessun vicerè paleologo, a fare ombra al suo trono. Quindi pensa bene di consegnare le carte di Colombo ad uno dei suoi capitani, per tentare l'impresa, con la copertura di una missione alle isole di Capo Verde. Il Portogallo disponeva allora dei migliori capitani e delle più avanzate tecniche di navigazione, alcune tenute gelosamente segrete. Il bravo capitano parte, ma ignora il metodo colombiano di fare il punto, ignora i veri parametri dimensionali, artatamente ridotti da Colombo di 1/3, ignora che l'origine colombiana è spostata al meridiano centro europeo (delle effemeridi), ed ignora il comportamento degli Alisei (altra scoperta colombiana). Al primo fortunale, sballottato dalle onde, perde il punto, ossia non può sapere la sua esatta posizione, non avendo riferimenti da triangolare: a nulla gli vale il solo astrolabio, da poco adottato dai Portoghesi: poteva ricavare la latitudine, con un notevole margine di errore, ma per la longitudine, niente da fare. Si reputa assai fortunato di riuscire ad imbroccare la strada del ritorno, e dichiara assolutamente impossibile l'impresa al re Giovanni, che gli crede.

 

Racconto: in Spagna

Intanto Colombo, rimasto vedovo, sposta la sua residenza alla Cueva (Huelva), una cittadina al tempo in terra portoghese (oggi spagnola), dove abita la sorella della ex moglie, che può badare temporaneamente al piccolo Diego. Si reca poi al vicino convento minorita della Rabida, in Spagna, nei primi mesi del 1494; manifesta la sua origine al padre priore, i suoi diritti feudali, e le sue aspirazioni. In questa occasione parla con un ufficiale pilota, Diego Velasco, di Palos, che lo mette al corrente dei suoi viaggi al tempo di Enrico il Navigatore. Fatto ritorno a Lisbona, Colombo viene a conoscenza dello scherzetto giocatogli dal re: oltremodo amareggiato, in cuor suo giura vendetta, e decide di lasciare per sempre il Portogallo; inizia subito le pratiche per alienare i suoi immobili in terra portoghese, ed invia il fratello Bartolomeo a presentare il suo progetto al re d'Inghilterra, quindi in subordine, al re di Francia, dove si sarebbero incontrati se anche il suo tentativo spagnolo fosse fallito. Giovanni II non vuole che Colombo lasci le sue terre, in parte perchè gli è sinceramente amico, malgrado il tiro che gli ha giocato, ed in parte, più prosaicamente, per il fatto che Cristoforo è depositario di molte confidenze e segreti della navigazione portoghese. Quindi Colombo è costretto ad agire in sordina, e sbrigare le pratiche più urgenti quasi di nascosto. Verso la fine del 1484 porta il figlioletto Diego (ricalcando il copione della sua stessa vita) al convento della Rabida e lo lascia nelle mani dei frati minoriti, che cureranno la sua istruzione, e la sua educazione; manifesta poi al padre priore la sua intenzione di stabilirsi in Spagna, ed ottiene la presentazione al Duca di Medina Coeli, nella stessa Santa Maria, che lo introduce a corte. Colombo, soddisfatto dei risultati raggiunti, nei primi mesi del 1485 ritorna in Portogallo, ospite della cognata, per completare in gran segreto, le pratiche di espatrio. Nel 1485 lo troviamo in Lisbona, alla corte di Giovanni II, invitato dallo stesso re, per assistere alla relazione scientifica sopra alcune misure con l'astrolabio, effettuate dal matematico ed astrologo Giuseppe alla Mina; lo stesso anno 1485 lo vediamo intento a frequentare la corte spagnola in Cordova, con il risultato di ottenere, per la primavera seguente (1486), l'istituzione della prima commissione di dotti, avente il compito di giudicare le sue proposte. In quello stesso anno del 1486, per mantenersi senza intaccare il suo capitale (che deve servire unicamente al suo progetto), e nel contempo ottenere le grazie dei reali spagnoli impegnati nella cacciata dei Mori, offe i suoi servigi militari, probabilmente consistenti in rapide azioni di guerriglia (sulla falsariga delle azioni corsare), sul territorio nemico. Per questo ottiene vari e sostanziosi "rimborsi spese" a titoli diversi (più la decima del bottino, che Colombo considera diritto intangibile). Conosciuta in Cordova una ragazza di piccola aristocrazia, Beatrice E. De Arana, nel 1487 la sposa segretamente, per non inficiare, sia la sua "limpidezza di sangue" (molto importante per gli spagnoli), sia più prosaicamente per conservare le rendite "di abito" che gli provengono dal primo matrimonio. In questo anno (1487) riceve una lettera accorata di Giovanni II che protesta la sua amicizia e lo invita a corte, quindi lo munisce di un lasciapassare che gli conferisce ampia libertà di movimenti, e sopratutto di un condono che gli garantisce di poter nuovamente ritornare in Spagna, senza tema di essere bloccato da cavilli legali. Così nel 1488, Colombo si trova alla corte portoghese ed assiste, gradito ospite, alla riservatissima ed importantissima relazione di Diaz a Giovanni II, sulla sua navigazione sino alla estremità africana del capo di Buona Speranza. Il re portoghese, oltre l'amicizia, ha stima e fiducia in Colombo e vorrebbe riaverlo come suo suddito, ma continua a ritenere inattuabile la sua teoria di circumnavigazione della terra, ed è certo che nessun Re sarà mai disposto a concedere un vicereame, ad un paleologo, ex corsaro.

 

 

Racconto: Bartolomeo in Inghilterra

Nel frattempo il fratello Bartolomeo, che si era messo in mare alla volta dell'Inghilterra, viene fatto prigioniero dai corsari, spogliato di quanto aveva per viaggio, locande, abiti e doni alla corte, quindi rilasciato in un porto della Bretagna. Questo era il trattamento riservato ai nobili, mentre i poveri plebei venivano di regola venduti come schiavi o servi della gleba, alle nazioni loro nemiche. Bartolomeo, in seguito ai disagi, si ammala seriamente, ed impiega diversi mesi per riprendersi dalla brutta avventura; ma non si perde di coraggio: vuole proseguire a tutti i costi la sua missione, quindi sfruttando la sua cultura cosmografica, si mette a disegnare carte o mappe di navigazione. Queste mappe erano molto costose, quindi riesce non solo a mantenersi e curarsi, ma anche ad accumulare il necessario per proseguire il viaggio, pagarsi vitto ed alloggio, e presentarsi degnamente vestito alla corte inglese. Nel 1488 viene ricevuto dal Enrico VII, cui sottopone il progettodel fratello Cristoforo, munito di carte e mappamondo con dedica. Il progetto pare veramente una costosa ed incredibile fantasia, ma sopratutto grandi sono considerate le richieste di contropartita, quindi anche il re inglese, sebbene interessato, tergiversa e temporeggia.

 

Racconto: il parere dei dotti

Ritorniamo in Spagna, a Cordova, dove nello stesso anno del 1488 nasce il secondogenito di Colombo: Ferdinando, il futuro autore della "Historia di suo padre". Cristoforo, che non ufficializzerà mai il suo matrimonio religioso con Beatrice, si prodiga, al contrario, nel riconoscere ufficialmente il figlio da lei avuto. Sempre in questo anno riceve dai re spagnoli un ulteriore mandato di pagamento di circa 15 milioni (Lit) attuali, per "servizi alla corona". La commissione dei dotti spagnoli prosegue il suo lavoro, contestando i teoremi colombiani, con tutte le convinzioni medioevali possibili, anche quelle rese obsolete dalle scoperte portoghesi. Ovviamente Cristoforo si guarda bene dallo svelare i parametri esatti e le prove fisiche che avrebbero, sì provato la sua teoria, ma nel contempo avrebbero anche reso non più indispensabile il suo aiuto, diretto e personale, nella realizzazione del progetto; non si era certo scordato dello scherzetto giocatogli dal suo amico Giovanni II. Quindi espone le sue teorie essenzialmente in termini matematici; e qui iniziano i suoi guai, che perdurarono nei secoli, con la presuntuosa ed orgogliosa "intelligenza" spagnola, sopratutto con la Università di Salamanca. Fatto stà che nessuno (per conoscenza o per paura), mostrava di capire i suoi discorsi scientifici, specialmente quelli matematici ed astonomici. Le argomentazioni usate dai professori al fine di smentirlo, anche per l'epoca, erano di rara idiozia, e tutte vennero verbalizzate, per la gioia dei postumi. Se Colombo non fosse stato un "principe palestinese" (paleologo), nipote del Vescovo di Betlemme, invece del benestare, avrebbe ottenuto il rogo. Poi, per giustificare questa figuraccia, i dotti professori universitari iberici, ribaltarono la frittata: non loro, ma Colombo era il colpevole, del non essere riuscito a farsi comprendere, di aver celato i dati esatti "con astuzia paesana", e di non aver detto subito che cosa esattamente avrebbe scoperto (in parole povere di non essere stato un veggente).

Nel 1489 Cristoforo ottiene un privilegio reale che lo abilita, con il suo seguito (tipicamente almeno due servitori), a godere di vitto e degno alloggio, ad intero carico della corona, nelle terre di Spagna. Malgrado i servigi militari contro i Mori, che lo tengono occupato fra una verifica e l'altra dei "dotti", Colombo si preoccupa: non ha notizie del fratello Bartolomeo, ha oramai superato la cinquantina, e non vuole perdere ulteriore tempo, quindi tenta di coinvolgere nel suo progetto il potentissimo Duca di Medina Sidonia, che nel 1490 lo ospita (e non mancherà poi di richiederne il prezzo). La bocciatura di Salamanca del 1491 convince Colombo a desistere dalla avventura spagnola: decide di recarsi dal re di Francia, e la stessa cosa sta per fare, in Inghilterra, il fratello Bartolomeo, che non è riuscito a far capitolare il re inglese sulle loro richieste. Alla Rabida, dove si è recato, Colombo intende riprendersi il figlio Diego (12 a.) e portarlo dalla sua attuale moglie Beatrice, ma viene dissuaso dal priore Padre Perez. È lo stesso Padre Perez che accompagna Cristoforo a Santa Fè, dove sono i reali, che subito ricevono Colombo, e lo pregano di attendere la fine, oramai prossima della guerra contro i Mori.

Intanto viene, con urgenza, radunata una nuova commissioni di dotti, cui Colombo riespone le sue teorie. Il 30 dicembre 1491 Colombo "assiste" di persona alla caduta di Granada. Pochi giorni dopo, come era prevedibile, la nuova, e più qualificata commissione di docenti e sapienti, ribadisce il giudizio negativo, bollando come non realistiche le teorie di Colombo.

 

Racconto: la capitolazione

Malgrado il parere negativo della scienza ufficiale spagnola, i re approvano egualmente il progetto di Colombo; le sue pretese vengono tutte accettate, meno una: il pericoloso vicereame, che viene sostituito con il potente e grande Ducato di Veragua. La reazione di Colombo è quanto meno irriguardosa: si volta e se ne và. Comprensibile l'indignazione del re Ferdinando. Molto meno comprensibile, a prima vista, la successiva mossa della regina Isabella: convince il re a capitolare sul vicereame, ed invia un corriere reale per fermare Colombo, sulla via della Francia. Il fatto è che la regina, era stata prontamente contattata dal Santangel, suo ragioniere e consigliere, che la mise al corrente di particolari riservati sulla vera identità del personaggio Colombo. La regina, intelligente e pratica, capì subito che, più del denaro, a Cristoforo occorreva la vidimazione e protezione di Principi regnanti, che sarebbe stato ben accolto alla corte francese, dove era conosciuto, e sopratutto che poteva adire, come paleologo, al titolo di vicerè orientale (palestinese). Il re non si convinse mai del fatto che il vicereame di Colombo non fosse pericoloso per la sua corona, ma al momento, convenne sulla opportunità di capitolare, visto e considerato che l'impresa era di fatto finanziata dallo stesso Colombo, per un terzo ufficialmente, ed il resto mediante un prestito indiretto, tramite lo stesso ragioniere della corona, Santangel. Superati gli ostacoli politici e pecunari, le obiezioni (pseudo) scientifiche dei dotti, si rivelarono per quello che erano: semplici pretesti, di nessun conto. Tutto quindi succede a rapidità incredibile, e nessun intoppo, per logico che sia, riesce a ritardare, e men che meno fermare, la macchina della partenza; a nulla valgono le (giuste) dimostrazioni delle mogli, figli e parenti dei marinai precettati per un viaggio rischiosissimo, anzi, secondo la logica del tempo, certamente senza ritorno; e nello stesso mese di gennaio del 1492, Colombo, che ha ottenuto tutti i privilegi che chiedeva, parte da Santa Fè, per Granada, quindi per Palos, dove allestisce ad intere proprie spese la terza nave, carico e stipendi per ufficiali e marinai compresi.

 

Racconto: la partenza

Sabato 4 agosto 1492, la piccola flotta di tre caravelle, salpa da Palos per le Canarie, da dove inizierà l'avventura della traversata oceanica. Il giorno 9 agosto, al largo delle Canarie, Colombo decide di fare un'improvvisata a Beatrice Bobadilla, Signora della Gomera, sua (ex?) intima amica, quindi lascia il Pinzon e le altre due caravelle a combattere contro il vento contrario, con la scusa di procacciarsi un nuovo caravellone, onde sostituire la Pinta, danneggiata. Colombo raggiunge la Gomera il 12 di agosto, ed inscena un fantasioso spettacolo pirotecnico con salve di cannoni e spingarde: ma la Signora è assente, dal momento che ha avuto la stessa idea di Cristoforo e si è recata alla Gran Canaria. Colombo attende sino al giorno 23, poi riparte; l'incontro, segreto, probabilmente avviene il giorno seguente, nell'isola vulcanica di Tenerife, dove i due passano la notte, proprio nel corso di una spettacolare eruzione che sgomenta non poco i marinai. Il giorno 25 di agosto, Colombo raggiunge la Gran Canaria, dove il Pinzon lo mette al corrente di quello che già conosce: come la Signora Beatrice sia da giorni ripartita per la Gomera, con il caravellone che loro occorreva; Colombo, serafico, risponde che se il cielo così voleva, era inutile rattristarsi, e terminava con il classico "non tutti i mali vengono per nuocere", prova che del caravellone non gli importava più di tanto. Già alla partenza aveva provveduto a far montare vele quadrate alle due navi maggiori, ed alla Canaria sostituisce pure la velatura della Niña, inventando di fatto la velatura oceanica, che sarà poi quella dei galeoni e di tutte le navi atlantiche dei secoli seguenti. Ritornato finalmente alla Gomera, con tutte e tre le navi in perfetto ordine, carica le ultime provviste, e si accinge ad intraprendere l'avventura vera e propria, verso l'ignoto.

 

Racconto: la traversata oceanica

Il 6 settembre le tre caravelle iniziano la traversata dell'oceano, puntando a sud-ovest, per posizionarsi sul 27° parallelo, onde sfruttare appieno i venti Alisei, di poppa, e nel contempo non valicare il limite, concordato con i re spagnoli, che Giovanni II considerava di suo diritto, per via della Guinea. Colombo tiene due diari di bordo: uno ufficiale dove dichiara rotte e percorsi analoghi a quelli dei piloti, ed uno segreto, dove segna i dati esatti. Nel diario ufficiale i percorsi dichiarati sono, in media, leggermente maggiori di quelli dei piloti; ma i percorsi esatti, segnati sul diario segreto sono, in media, ancora maggiori: del rapporto 1,3. Dopo 150 leghe di navigazione scopre la forte e calda corrente del Golfo che spinge le navi a nord-est; toccate le 200 leghe nota che l'ago della bussola non coincide con la polare, ovvero scopre la declinazione magnetica: la cosa non lo turba più di tanto, essendo il suo metodo di fare il punto, del tutto indipendente dalle indicazioni della bussola; agli ufficiali fornisce la rotta esatta, e li rassicura che, poi, la bussola avrebbe ripreso a funzionare. Circa a 300 leghe dalle Canarie, scopre i sargassi. Il 18 di settembre, il capitano della Pinta, Martin Alonzo Pinzon è sicuro di vedere terra: l'entusiasmo è grande, ma Colombo non crede a questo precoce avvistamento; neppure crede al successivo avvistamento di terra del Pinzon, il giorno 25 dello stesso mese: concede una piccola deviazione "politica", ed alcuni canti religiosi, per tenere alto il morale; ma di fatto prosegue imperterrito per la sua rotta. Alla fine del mese di settembre la declinazione della bussola dalla polare diviene tanto evidente da spaventare gli ufficiali piloti, che temono di perdersi; per rassicurarli Colombo è costretto a svelare uno dei suoi segreti minori: la digressione della polare, ossia il cerchio che la polare, come le altre stelle fisse, compie in cielo, in modo tale da coincidere solo all'alba con il nord magnetico delle bussole, nel posto ove si trovano; non vuole dire di più, quindi li assicura sulla affidabilità delle bussole e della sua rotta. Le cose che Colombo non dice sono molte, anzitutto che lui non usa la bussola, poi che il nord non è quello della polare al mattino, e neppure quello magnetico, tace sull'uso dell'astrolabio portoghese per verificare la latitudine, infine si guarda bene dallo svelare l'esistenza del metodo astronomico, di sua ideazione, per il calcolo del punto in modo assoluto; dimenticavo: tace pure il fatto che non una sola, delle misure dei piloti è esatta, ed i veri parametri li conosce solo lui, e li tiene ben celati in un diario segreto.

Dopo l'ennesimo falso avvistamento di terra, la sera del giorno 7 di ottobre, Colombo dà l'ordine di volgere la rotta principale verso ovest sud ovest: si reputa prossimo alla meta, e pensa bene di valicare il 27° parallelo, essendo ben lontano dalle coste africane.

Il 10 di ottobre, alle ore 22 avviene la prima avvisaglia di terra, da parte dello stesso Colombo. Giovedì 11 ottobre 1492 (vedi tavola 69), alle ore 2 di notte avviene il certo avvistamento della terra, raggiunta, con le dovute cautele, lo stesso mattino (giovedì, per tutti i sistemi di datazione). Solo dopo mezzogiorno (venerdì per il sistema navale, ma giovedì per il sistema civile, ed il sistema attuale) avviene il primo sbarco nelle Indie occidentali, ed il primo contatto con gli indigeni, che essendo privi di peli, si stupiscono molto della barba di Colombo e degli ufficiali (nobili) spagnoli.

 

Documenti: la traversata oceanica

Sul diario segreto, arrotondato per difetto, Colombo segna un totale di 1076 leghe, quale distanza percorsa dalla Gomera all'isola di S. Salvador. La distanza teorica minima di tale viaggio (vedi tavola xx), è di 988 leghe (arrotondate in eccesso). Gli ufficiali piloti, fra i migliori del tempo (portoghesi a parte), calcolano un percorso medio di 820 leghe, ossia meno del percorso limite minimo. Date le oscillazioni, ed i numerosi cambiamenti "politici" di rotta che Colombo concesse ai falsi avvistamenti di terra, la distanza da lui calcolata risulta oltremodo plausibile ed esatta. Per giustificarsi del loro "poco sapere", i dotti spagnoli, accusarono Colombo di pressapochismo ed errori di tutti i generi, tra i quali quello di ritenere la terra più piccola del vero, del rapporto 1,3 tolemaico. Se così fosse, sarebbe stato Colombo, e non i piloti, a calcolare la rotta minore. Non solo, ma qualsiasi distanza calcolata esattamente, deve essere maggiore di quella minima teorica, per le oscillazioni, sia casuali che volontarie, della rotta reale, rispetto un viaggio teorico perfettamente rettilineo. I dati svelano la menzogna dei cattedratici spagnoli: Colombo calcola un percorso maggiore del limite minimo teorico, con un incremento di 88 leghe (meno del nove per cento), perfetti, per dimostrare che non riteneva la terra più piccola, ma neppure più grande, del reale. Quindi non Colombo, ma i piloti ed i dotti erravano. Occorre precisare che, al tempo nessuno poteva conoscere l'esatta estensione e forma dell'Asia: si sapeva che si estendeva ben oltre la Cina, ma non si sapeva quanto, e neppure che si restringe progressivamente a nord, dove solo lo stretto di Bering, spesso transitabile a piedi, la separa dal mondo nuovo. Si sapeva solo che l'Asia occupava l'emisfero settentrionale, e che a sud vi era il "mar del sud". Colombo, dopo avere ideato il suo metodo di calcolo del punto, si concentrò proprio sulla ipotesi dell'emisfero sconosciuto. Si convinse dell'esistenza di terre-cuscinetto fra l'Europa e l'Asia, ad una distanza minima di circa 980 leghe dalle Canarie, che ridotte del rapporto tolemaico (1,3) diventavano le 750 leghe da lui dichiarate ufficialmente. Le sua teoria era basata su molti anni di studi, di navigazione, di testimonianze, di minuziosa analisi dei venti, delle correnti e dei reperti lasciati dalle onde, tra i quali manufatti in legno, resti di canoe, ed anche due cadaveri di indios. Ma ovviamente, non poteva conoscere la conformazione di questa terra incognita ed ipotetica: ad uno scienziato è richiesto un razionale intuito, non certo l'essere un indovino, e men che meno un profeta.

 

 

Racconto: la scoperta

Il primo avvistamento certo di terra avvenne quindi alle due di notte di giovedì 11 ottobre 1492, e non venerdì 12 ottobre: tutti i testimoni, nessuno escluso, concordarono con il fatto che la scoperta venne fatta di giovedì, e non di venerdì. Ma lo stesso figlio di Colombo, umanista e non scienziato, interpreta la frase marinara "attendere il nuovo giorno per sbarcare", in modo errato:il nuovo giorno marinaro, ed astrologico, iniziava a mezzogiorno, quindi il significato civile era "attendemmo lo scoccare del mezzogiorno per sbarcare", sempre di giovedì. Dopo aver girovagato per le innumerevoli isole Lucaie, Colombo si dirige a sud, e vede finalmente una "terra alta", ovvero con montagne ed altipiani, tanto da pensare di aver toccato la terraferma. Due esploratori inviati nell'interno riportano la notizia che si trattava invece di una grande isola, dagli indigeni chiamata Cuba, e che a levante vi era un'isola più vasta, ricca e popolata. Durante la navigazione verso la nuova grande isola che verrà chiamata Spagnola, Martin Alonzo Pinzon si defila con la sua nave, avendo avuto notizia dagli indigeni di un luogo dove vi era molto oro. Rimasto con due sole caravelle Colombo raggiunge la Spagnola, e perde la Santa Maria, che si arena in un basso fondale. Con il materiale della Santa Maria viene costruito il primo avamposto delle indie occidentali, chiamato Natale. Lasciati alcune decine di uomini a presidiare la piccola fortezza di Natale, Colombo inizia il viaggio di ritorno, costeggiando la Spagnola, ed il 6 di gennaio dell'anno 1493, in prossimità del capo di Monte Cristo, viene raggiunto dalla caravella del Pinzon, il quale si giustifica della sua defezione, e si rimette nuovamente ai suoi ordini.

 

Racconto: il ritorno

Mercoledi 16 gennaio 1493 inizia la traversata oceanica, con direzione media di nord-est, sino al 38° parallelo, esattamente all'altezza delle Azzorre, poi volge la rotta media ad est. Colombo afferma di non poter rilevare l'altezza del sole (latitudine), per via delle onde, ma dimostra di conoscere perfettamente la sua posizione, mentre tutti i piloti, a causa della rotta diagonale, incrementano notevolmente gli errori di calcolo del punto, che commisero all'andata. Il giorno 6 febbraio le navi si trovano a circa 255 leghe ad occidente delle Azzorre (isola S. Maria), al contrario Pinzon riteneva di trovarsi già alle Azzorre (isola di S. Flores), ma all'altezza dell'isola Madera; circa la stessa posizione denunziava Roldan, con un maggiore errore di longitudine. Per evitare motivi di discussione con Giovanni II, i re spagnoli avevano raccomandato a Colombo di evitare le Azzorre; dal canto suo l'Ammiraglio non vedeva l'ora di vantarsi davanti al suo "amico", e farlo schiattare di rabbia: non aveva dimenticato il giochetto di dieci anni prima, ed ora poteva vendicarsi a dovere. Senza ovviamente tenere in alcun conto i dati ufficiali, Colombo ordina la rotta di sud-est, per quel tanto che basta (circa un grado)a lambire l'arcipelago a sud; in tal modo poteva trovare un rifugio in caso di mal tempo, e mantenere la rotta (segretissima) per il Portogallo. Giovedì 14 febbraio dell'anno 1493, quando le navi si trovavano appena sotto le prime isole, un forte vento gonfia le onde, ed il Pinzon, che credeva di trovarsi oltre la Madera, ormai prossimo alla Spagna, malgrado i segnali di Colombo, approfittando ancora una volta della notte, si lascia tasportare dal vento a settentrione, con l'intento di toccare terra per primo. La bufera termina il giorno dopo, la Pinta del Pinzon è da tempo fuori vista, e si vede terra a nord-est. Si tratta dell'isola di S. Maria delle Azzorre, e Colombo svela il punto, senza essere creduto dagli ufficiali, che stimavano fosse Madera, od addirittura essere già arrivati in Castiglia. Sin dalla partenza delle tre caravelle, Giovanni II di Portogallo, stizzito dai favori che i re spagnoli avevano concesso al suo "amico particolare", voleva che fosse catturato, se sbarcava in un suo porto, ma in modo da non esserne coivolto direttamente. Così, malgrado la diffidenza e circospezione di Colombo, il governatore dell'isola riesce a carpirne la buona fede ed a catturare la metà dei suoi uomini, sbarcati a terra per la preghiera di ringraziamento. Solo la risolutezza dell'Ammiraglio, che minacca, di mettere a ferro e fuoco l'isola, dimostrando nel contempo l'impossibilità di catturare la sua persona (vero obbiettivo), induce alla ragione i portoghesi. Ripartito dalle Azzorre il 25 di febbraio, sempre con tempo pessimo, e sul punto di naufragare da un momento all'altro, il 4 di marzo entra nel porto di Lisbona, ovviamente con il beneplacito di tutti gli ufficiali, felici dello scampato pericolo.

Nel frattempo il Pinzone, completamente fuori rotta, stava ancora navigando verso la Galizia, sempre convinto di raggiungere la Spagna per primo, e preparava la lettera al re ed alla regina, per essere ricevuto, con il malcelato intento di scavalcare il suo Ammiraglio (e Vicerè); quando si accorge di essere così tanto a nord, e tocca terra a Bayona di Galizia, invia un messaggero a corte con la lettera, malgrado fosse avvertito che Colombo era già sbarcato, giorni prima, a Lisbona. La risposta ufficiale dei re cattolici non poteva essere che quella di ricongiungersi con l'Ammiraglio, ed assieme a lui ritornare a Palos; cosa che il Pinzon non si sogna minimamente di fare, quindi si dirige il più velocemente possibile verso Palos, sperando ancora di battere sul tempo Colombo, trattenuto alla corte portoghese, ed ottenere udienza dai re cattolici, per primo. Ma ancora una volta si sbaglia, e quando arriva a Palos, la sera del 15 di marzo, ha la sgradita sorpresa di vedere ancorata la Niña, che lo aveva preceduto di poche ore.

 

Racconto: da Giovanni II

Ritorniamo al lunedì 4 marzo, in Lisbona. Non appena la Niña tocca terra, Colombo invia un corriere ai re cattolici, ed un secondo al re Giovanni, al fine di ufficializzare la sua presenza in Portogallo, e mettersi al riparo da eventuali tiri mancini. Infatti il giorno seguente, con la più poderosa nave da guerra dell'epoca, si affianca alla piccola caravella Bartolomeo Diaz, scopritore del capo di Buona Speranza; i due si erano conosciuti alla corte portoghese. Diaz, dopo un teatrale tentativo di far smontare Colombo dalla sua nave, cede alla risolutezza dell'Ammiraglio e Vicerè, quindi invia il suo capitano, con gran pompa, sulla caravella, e si pone a sua disposizione. La notizia della scoperta si sparge in un baleno, e tutti vogliono vedere gli Indiani. Giovanni II non si trovava a Lisbona, ma in Valparaiso, dove si era stabilito con tutta la corte, per evitare il pericolo di contagio dalla peste, serpeggiante sulla costa; ed invita Colombo a raggiungerlo, munendolo di salvacondotti e lasciapassare. I due vecchi "amici" si incontrano sabato 9 marzo, con grandi manifestazioni di stima e gioia esteriore, ma entrambi con un disegno nel cuore. Re Giovanni spera ancora di convincere Cristoforo a ritornare suo suddito, e soffiare ai re cattolici le nuove terre scoperte; Cristoforo pregusta la sua feroce rivincita, sul sovrano che dieci anni prima si impadronì del suo progetto e tentò di scavalcarlo. Tanto per cominciare, il re (che conosceva bene le aspirazioni dell'amico) fa sedere il novello vicerè al suo cospetto, con il berretto in testa; oggi la cosa potrebbe far sorridere, ma al tempo era cosa gravissima: significava che Colombo aveva pari dignità nobiliare del grande monarca; per intenderci, neppure il fratello del re, in quanto suddito, poteva godere di tale onore. Poi Colombo immerge il pugnale nella piaga, avendo l'ardire di riprendere re Giovanni, in pubblico: scandalo! Alcuni cortigiani vorrebbero uccidere, sul momento, il temerario che disonorava il loro re e la loro nazione, altri più accorti si offrono per simulare un "incidente". Nulla di tutto questo accade a Colombo, che rimane sempre un intimo amico della famiglia reale portoghese, tanto da doversi recare al monastero di Sant'Antonio, per trovare la Regina di Portogallo, che protestava di rivederlo; a quanto risulta, entrambi furono ben felici di riabbracciarsi. Accompagnato da un codazzo di cavalieri e dignitari reali, l'Ammiraglio Vicerè raggiunge la caravella Niña, che nel frattempo era stata riparata a dovere, e prima dell'alba del giorno 13 marzo, salpa per Palos. A mezzogiorno del 15 marzo 1493, la caravella di Colombo attracca al porto di Palos, in un tripudio di folla.

 

 

Racconto: Bartolomeo a Parigi

Mentre Cristoforo inventava il viaggio alle indie occidentali, suo fratello Bartolomeo, lascia la corte d'Inghilterra, con un accordo preventivo di Enrico VII, per nulla propenso a capitolare sulla richiesta del vicereame, ma sempre molto interessato all'impresa. Ultimo sovrano regnante da contattare era Carlo di Francia, quindi Bartolomeo si reca a Parigi, dove i Colombo paleologi sono ben conosciuti, sebbene "prigionieri" della loro fama di corsari; non ha difficoltà quindi ad essere ospitato da una illustre dama di corte, ed iniziare le trattative. La notizia della scoperta di nuove terre occidentali giunge come fulmine a ciel sereno, e lascia alquanto contrariato il re inglese mentre, a Parigi, proprio re Carlo comunica a Bartolomeo che il fratello Cristoforo ha già compiuto l'impresa di cui si sta trattando, e questi affretta la sua partenza per la Castiglia; ma quando vi giunge, Cristoforo è oramai lontano, appena ripartito per il secondo viaggio. I re cattolici comunicano a Bartolomeo la loro decisione di allevare a corte i figli di Colombo, assieme all'infante ed erede al trono, quali suoi paggi; e Bartolomeo, prima di partire a sua volta per le indie occidentali, porta i nipoti a corte, dove saranno allevati dalla regina "come in famiglia".

 

Racconto: il secondo viaggio

Colombo parte per il secondo viaggio alle Indie occidentali il 25 di settembre del 1493, e nell'andata si tiene più a sud, rispetto il primo, nel tentativo sia di scoprire la terra ferma, sia di confondere i capitani e gli ufficiali, ed infine per esperimentare ed affinare ulteriormente il suo metodo segreto di calcolo del punto.

Ritorna in Spagna solo nel 1496, partendo dall'isola di Guadalupe, con una rotta anomala, molto meridionale, sino alla longitudine delle Azzorre, quindi trasversale (nord-est), sempre ben lontano da qualsiasi isola o riferimento terrestre, infine raggiunta la latitudine del Capo di S. Vincenzo, verso est, per finire proprio davanti ad Odimira. Ovviamente una tal rotta aveva completamente fuorviato le misure dei poveri ufficiali "che andavano come ciechi", e vale a Colombo la fama di santo o stregone, per aver previsto "che l'indomani avrebbero avvistato terra, pressoil Capo", cosa puntualmente avvenuta, mentre i piloti reputavano trovarsi addirittura nei pressi della Manica. In questo secondo viaggio di ritorno Colombo, avvalendosi della "certezza del suo punto", scopre e descrive altre anomalie delle bussole.

 

Racconto: il terzo viaggio

La partenza avviene il 30 di maggio del 1498, da Sanlùcar di Barrameda, questa volta verso le isole del Capo Verde, con l'intento di seguire una traversata quasi equatoriale, e scoprire la terra ferma. Durante la traversata oceanica, che avviene ad una latitudine di circa 7°, Colombo scopre l'ingrandimento delle coniche di digressione delle stelle dei Carri e della Polare, dovuto alla distorsione ottica, e perfeziona il suo metodo di interpolazione delle curve, per l'esatta individuazione del Nord, della latitudine, e del tempo siderale, fornendone breve descrizione. L'ultimo giorno di luglio del 1498 scopre l'isola di Trinidad, ed il giorno dopo, finalmente scopre la terra ferma, presso la foce dell'Orinoco.

A lui quindi, e non all'Oglieda , e tantomeno al suo amico e confidente Amerigo Vespucci, si deve la scoperta del continente poi impropriamente detto America (da Amerigo). Esplorata la costa orientale di Paria (attuale Venezuela), Colombo, malato di gotta e con una infezione agli occhi, calcola una rotta assai temeraria, e del tutto errata secondo i suoi ufficiali, per dirigersi direttamente alla Spagnola: ordina la rotta nord-ovest, che lo avrebbe portato esattamente a S. Domingo. Ma, a causa della malattia, non può controllare la sua esatta posizione in viaggio, quindi approda alla Beata, poco ad ovest di S. Domingo, ed è tanto certo dei suoi calcoli, che imputa la piccola deviazione alle correnti, che effettivamente vi sono in zona. Notevole è il fatto che la partenza di questa traversata avveniva da un punto, in terra ferma, appena scoperto, di cui nessuno poteva conoscere (tranne ovviamente Colombo) le esatte coordinate, ed il viaggio avviene letteralmente alla cieca, a causa della malattia oculare dell'Ammiraglio.

 

Racconto: verità sulle catene

La regina Isabella, vera protettrice di Cristoforo si ammala, viene data per morente, ed il re Ferdinando trova il modo di "congelare" il vicereame e la crescente potenza (e ricchezza) dei Colombo, proteggendo ed accogliendo le proteste dei loro denigratori e nemici. Viene inviato alla Spagnola come inquisitore reale, Francesco Bobadilla, ufficialmente per aiutare e sostenere il vicerè, ma in segreto con carta bianca e garanzia di massima impunità, per detronizzarlo. Così il Bobadilla, sebbene ufficialmente non ne avesse il potere e neppure l'autorizzazione, arresta i tre fratelli Colombo, e li imbarca per la Spagna. Ovviamente il capitano della nave ospite dell'Ammiraglio Maggiore, si offre immediatamente di togliere i ferri al suo (cotanto) superiore, ma l'Ammiraglio maggiore rifiuta ostinatamente: vuole presentarsi a corte in catene. La cosa non gli sarà possibile, per volere del re, che temporeggia ed ordina espressamente di liberare Colombo, anche con la forza. Cristoforo non riesce quindi completamente nel suo intento, comunque digiuna e si trascura in modo tale che, quando si presenta a corte, la regina si mette a piangere, ed il re si turba alquanto e si mostra indignato (sul momento) contro il commendator Bobadilla. Non dobbiamo infatti dimenticare chi era Cristoforo Colombo: un nobile paleologo, intimo della famiglia reale, con i figli di fatto "adottati" dai re, prima paggi dell'infante, poi (alla sua prematura morte) paggi personali della regina (onore grandissimo integrato da cospiqua rendita in denaro).

 

Racconto: i timori del re

Quello che il re voleva, da sempre, non era privare i Colombo, ed in particolare Cristoforo, dei loro numerosi appannaggi e titoli: il suo obbiettivo era rimuovere il pericoloso Vicereame, trasmissibile con il maggiorasco, ovvero perpetuo, commutandolo con un ricco Ducato; cosa che Cristoforo rifiutò sempre ostinatamente, tanto da intentare causa alla corona. Lo scopo ultimo del paleologo era sempre quello della liberazione della "avita" Palestina, e per questo gli occorreva un titolo reale riconosciuto (per evitare di essere spogliato, magari da un altro consanguineo), un potentissimo esercito ed un mare di denaro. E proprio per denaro, Colombo intenta causa anche alla regina, sua dichiarata protettrice. Infatti si protesta socio paritetico di un terzo con la corona: lui, il re, ed appunto la regina; ma non basta, in più lui vuole il diritto di corsa (dieci per cento) ed il diritto di partecipazione alle spese (dodici per cento), superando quindi in pretese il cinquanta per cento dei guadagni. Non scherzo: la cosa è certissima, dal momento che è ufficializzata nel codice dei privilegi, e lo stesso Cristoforo formula questa tesi in diverse sue lettere; addirittura, in una missiva alla regina, la prega con magnanimità, di "non considerarlo come suo socio di un terzo", ovviamente col marito re, "ma semplicemente come suo suddito". Colombo non era certo "umile". Si comprende il timore del re Ferdinando, che guarda caso, si affretterà a reintegrare pienamente nella carica di Vicerè, Diego l'erede di Cristoforo, che aveva praticamente allevato, e di cui si fidava come di un suo figlio, pregandolo nel contempo di accettare il Ducato di Veragua per i posteri, di cui non poteva avere garanzia, nel senso che il passo da vicerè a re, in Spagna, era assai breve, ed il suo "sangue" (concetto assai forte a tempo), poteva essere prevaricato, nel futuro, da quello dei Colombo; o almeno questo era il suo, non certo infondato, timore. Diego accetterà, ed i Colombo divennero i ricchissimi duchi di Veragua, sempre di sangue reale (atti ufficiali), ma non più Vicerè per diritto ereditario.

 

Racconto: il quarto viaggio

L'ultimo viaggio di Colombo è il viaggio della speranza: l'oramai ultrasessantenne Ammiraglio vuole finalmente coronare il suo sogno: raggiungere le Indie orientali, circumnavigare il globo, e dimostrare la possibilità di aggredire i Mori alle spalle. Consapevole quindi, in segreto, di non aver affatto raggiunto le Indie delle spezierie (come le chiama), spera di trovare un passaggio per il mare del Sud, identificabile con l'attuale oceano Pacifico: il mare a sud dell'Asia. Nel terzo viaggio aveva scoperto quella che verrà chiamata America meridionale; dagli indigeni conobbe che si trattava di un grosso continente estendentesi a sud, proprio dove Colombo non voleva avventurarsi, per non duplicare l'esperienza africana dei portoghesi. Il suo intento era quello di mantenersi nell'emisfero settentrionale, sperando in un "passaggio" (l'odierno canale di Panama) poco sopra l'equatore.

La partenza avviene il 9 maggio 1502, e Cristoforo porta seco il figlio Fernando, quattordicenne. Ricordiamo solo che, malgrado le lettere reali di scuse, e le patenti di riconferma nelle sue cariche, a Colombo viene negato lo sbarco alla Spagnola; tantomeno viene creduto, quando preannuncia l'avvicinarsi di una forte tempesta: ragion per cui il Bobadilla e compagni salpano egualmente per la Spagna, finendo affogati in fondo al mare, paghi del loro orgoglio e della loro saccenza.

Dopo la tempesta Colombo naviga verso Cuba, quindi volge la rotta a sud-ovest, con l'esplicito proposito di toccare la nuova terra ferma, e costeggiarla in direzione della terra ferma di Paria, scoperta nel precedente viaggio, al fine di trovare lo "stretto" per il mare del Sud, e completare il suo sogno.

Anche la scoperta dell'America centrale, spetta certamente a Colombo, che sbarca (nel mese di luglio del 1502) sulla costa dell'Honduras, proprio ai confini della civiltà Azteca e non molto lontano dal luogo che "ri-riscoprirà" il famoso Cortez. A dire il vero, un forte indizio di civiltà vicina Colombo lo ebbe dalle testimonianze, dai modi, dalle mercanzie e vesti degli indigeni, ma oramai non era più l'oro l'oggetto primo dei suoi desideri: voleva ritrovare lo stretto per raggiungere le vere Indie, quindi ritornare in Spagna, sempre da ovest, provando senza più ombra di dubbio le sue teorie, la sfericità effettiva della terra, e la possibilità di riconquista della Palestina.

 

Racconto: la fine del sogno

Colombo aveva teorizzato, neppure tanto segretamente, un "passaggio" marino semiequatoriale per l'oceano Indiano, avvalorato da alcune testimonianze di indigeni, che parlavano di uno "stretto". Quindi costeggia la terra ferma, verso meridione e l'oriente, sino a raggiungere l'attuale Colombia, poi torna inietro, esplorando minuziosamente la costa di Panama, ma del "passaggio per le Indie orientali" neppure l'ombra. Infine accetta la, per lui terribile, verità: lo "stretto" non è di mare, ma di terra, ed il passaggio equatoriale via mare, per raggiungere l'oriente via occidente, non esiste. Il suo sogno finisce, all'inizio del 1503, tre anni prima della sua morte. Non gli resta che persistere nella sua tesi ufficiale: le Indie sono queste, e proseguirne la colonizzazione. Si rimette quindi alla ricerca dell'oro e tenta di fondare una città in terra ferma, ma il residuo poco entusiasmo, e l'ostilità degli indigeni, lo convincono a desistere e far ritorno. Giunto alla Giamaica, con le navi corrose dalle teredini, "decide" di naufragare con tutta la flotta, al fine di ottenere il permesso per rimettere piede sulla "sua" Spagnola. La cosa gli riesce solo in parte, infatti al di là delle riverenze ufficiali, nulla viene dato in regalo a Colombo, che deve acquistare, con il suo denaro (certo non gli mancava) le due navi, armamento compreso, e tutto il necessario per il ritorno in Spagna, dove giunge il 7 novembre 1504, un anno e mezzo prima di morire.

 

Racconto: la morte

Cristoforo Colombo muore il 20 maggio del 1506, in una casa signorile di Valladolid, mentre era in viaggio per incontrare i nuovi sovrani di Castiglia, in qualità di Consigliere della Corona; è contornato dai servi, da un funzionario regale, da numerosi amici, dal notaio che raccoglie le sue ultime volontà (e testimonia dei numerosi presenti), infine dai famigliari che si sono precipitati al suo capezzale, non appena avvertiti dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute. In almeno due lettere, scritte a Siviglia nel Febbraio del 1505, Cristoforo parla di Amerigo Vespucci, come di un suo protetto, "dal momento che la fortuna non lo ha assistito", amico e sopratutto confidente. Ad Amerigo confida tutto quanto, comprese molte cose che non può mettere per iscritto, e lo raccomanda al figlio Diego ed all'Adelantado (Bartolomeo) suo fratello, come uomo di fiducia, che opererà per i Colombo.

Tanto è vero che, ad un anno solo dalla morte di Cristoforo, la terra ferma viene ri-riscoperta come mondo nuovo dal Vespucci, ed in suo onore viene ancora oggi chiamata, appunto, America.

Ma, i pannilana, la miseria, i miracoli, l'ignoranza fortunata, gli errori, la prigione, la solitudine, la fame ecc. ecc. ? Tutte balle.

FINE

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