LE BALLE DELLA SCIENZA E CAVOLATE MATEMATICHE

AVVERTENZA 
Si sconsiglia di proseguire la lettura nei seguenti casi: se si è pragmatici, deterministi, illuministi, sicuri della ragione umana. Si possono avere reazioni imprevedibili, anche di grave entità emotiva, con conseguenze fisiche. Chi prosegue la lettura lo fa a suo rischio e pericolo. Per proseguire si consiglia una mente aperta ed umile.

INDICE

TEORIA E REALTA’
BASE MATEMATICA E FISICA
FISICI DETERMINISTI E FISICA REALE
 TEORIA DELLA RELATIVITA'
LIMITI DELLA DIDATTICA
TEORIA ONDULATORIA DELLA MATERIA
PROBABILITA' E TEORIA DELL'ERRORE
NUMERI IMMAGINARI E VETTORI
METODO DIVINATORIO E PALLE SUL MEDIOEVO
IL CONO SPAZIO-TEMPORALE
PARADOSSO di EINSTEIN
Osservazioni ATEORICHE
CONFINI MATEMATICI
CONFINI LOGICI
CONFINI dei COMPUTER
ENERGIE ALTERNATIVE e INQUINAMENTO
RADICE delle Osservazioni

INTRODUZIONE

Come si fa a dire che proprio la Scienza racconti emerite balle? Addirittura la Matematica, scienza Esatta, per definizione (teorica), sia una cavolata pazzesca? Ma siamo matti?

Be...  è la Fisica stessa e l'Analisi a dirlo, come vedremo. Siamo noi umani, o meglio i dotti umani che ignorano o mostrano di ignorare i primieri insegnamenti di Galileo, il vero fondatore del pensiero moderno cosidetto Fisico. Non Newton, che era galileiano convinto, ed in quanto tale sapeva benissimo che tutta la sua (bella) teoria meccanica NON poteva essere esatta, lui era umano, e per principio, tutto quello che è partorito dalla mente umana (proprio il contrario del tanto osannato "illuminismo") è soltanto mera teoria, e non la realtà fisica. Infatti per tutta la sua vita ha cercato di dimostrare l'errore delle sue teorie, senza riuscirvi per l'ineguatezza degli strumenti coevi. I sedicenti dotti scienziati dell'epoca (ma la cosa dura ancora oggi) erano entusiasti di avere finalmente qualcosa per le mani che consideravano concreto e calcolabile esattamente. All'inizio Newton veniva invitato ai simposi scientifici in suo onore, MA la prima cosa che diceva (da buon galileiano) era "Premesso che sono tutte cavolate che non possono essere esatte".... ergo NON veniva più invitato, per ovvie ragioni.

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TEORIA E REALTA’ 

Teoria, tanto decantata oggi ed equiparata di fatto a Principio, iniziamo da qui. Cosa è la teoria? Lo dice la parola stessa, è pura teorizzazione, ovvero tentativo di descrivere la realtà, nel nostro caso fisica, di fatto intimamente ignota. Come esempio, molto approssimativo, penso ad un bambino che vede una automobile, un mezzo di trasporto, ed incapace di comprenderne la vera complessità, lo Teorizza in una scatola legata ad un filo che trascina facendo, con la bocca, il relativo rumore. La realtà fisica è molto più ignota, infatti crescendo il bambino può comprendere la tecnica automobilistica, ma noi umani, mai potremo conoscere l'intima verità fisica, per il semplice fatto che nulla è basato su di una certezza assoluta, una roccia fissa e sicura, "del tutto vera", su cui fondare la nostra costruzione teorica e logica, facendola assurgere a principio indiscutibile, verità assoluta.

 Vediamo chiaramente alcuni "paletti" ovvero limiti invalicabili impostici dalla realtà fisica, ma che facciamo finta di non vedere. Un esempio (per definizione "esatto") ce lo mostra subito la matematica elementare: possiamo forse avere una formula risolutiva per vere equazioni, anche solo numeriche, diciamo di quinto grado o superiore? La risposta non è solo "NO" ma "MAI" ovvero mai potremo conoscere questa formula risolutiva, per noi inesistente. Guarda caso, noi esistiamo in una realtà a tre dimensioni, e possiamo comodamente risolvere problemi matematici a tre dimensioni ovvero equazioni di terzo grado. Vi è poi una dimensione che per noi non è libera: il tempo. Ecco per qual motivo non ho citato la quarta dimensione: vi è tutto un trattato einsteiniano sui quadritensori, che di fatto possono considerarsi appunto quadridimensionali. Ma qui voglio trattare tutto in modo elementare e chiaro, senza sofismi di sorta. Una parentesi, sapete cosa è la filosofia? Si compone di due parole filo e sofia, ovvero sofismo basato sul filo della logica matematica. Un tempo infatti i grandi filosofi erano tutti grandissimi matematici. Oggi no. Ma il sofismo se lo si separa dal filo di una profonda analisi logico-matematica diviene l'arte, con ragionamenti in apparenza anche logicissimi, di infinocchiare l'uditore con mere fandonie... Bello, vero? Ecco il motivo per cui occorre conoscere l'analisi matematica, per quanto limitata dalla realtà naturale fisica possa essere. Detto in parole povere posso anche dimostrare che 1+1 fisicamente non faccia 2, ma debbo prima sapere anche la regola teorica, ovvero per criticare fisica e matematica debbo prima conoscerle. Ma pure essere sempre cosciente del fatto che la verità assoluta trascende la possibile conoscenza umana.
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BASE MATEMATICA E FISICA

Vediamo ora fisicamente il significato di 1+1, che parrebbe base di tutta la teoria aritmetica. Bene se si parla in via teorica, tutto bene, 1+1=2 , come ci insegna la scuola elementare. La stessa scuola precisa che si può sommare (fisicamente) una mela più una mela, ma che non si potrebbe fare, ad esempio, una mela più una banana. Tale insegnamento ci convincerebbe della precisione assoluta matematica, anche fisica, e non solo teorica, quindi questa formuletta assurgerebbe a pietra miliare base di paragone per tutti i ragionamenti matematici. Menzogna ed illusione. Nessuna conoscenza fisica assoluta. Mostruosa cavolata! Infatti non solo è possibilissimo fare una mela più una banana, la somma dice che sono due frutti, ma la stessa "tolleranza" si compie facendo una mela più una mela, per il fatto fisico che NON esistono due mele uguali. Anzi, dico di più, non esiste nulla di veramente "uguale", neppure i più eguali di tutte le cose fisiche, due atomi della stessa sostanza. Elementarmente si può dimostrare dalla esistenza, ad esempio dell'ossigeno biatomico, quello comune dell'aria, che noi respiriamo: se i due atomi che formano la molecola fossero uguali, SI RESPINGEREBBERO, invece si legano. Di più esiste anche l'ozono (O3), che parrebbe non aver nulla a che fare con l'ossigeno, essendo potenzialmente cancerogeno..... ma fisicamente non è altro che 1+1+1, ovvero tre atomi di ossigeno legati assieme, quindi tutti differenti. Queste non sono speculazioni dialettiche. Esiste un principio "di esclusione del Pauli" precisante appunto che anche un grandissimo numero di atomi di una somma, sono tutti diversi fra di loro, Ad esempio in un cristallo di uno stesso elemento, tutti gli atomi (uguali) sono in realtà differenti (con numeri quantici propri). Un cristallo può essere formato da miliardi di unità (tutte eguali, ma differenti). Lo stesso vale per le molecole e via via complessità crescenti. ATTENZIONE, non diciamo che teoricamente 1+1 non sia eguale a 2 ! Non lo è se lo si considera verità assoluta, conoscenza di base, concetto “divino”. Occorre essere umili, come raccomanda il padre della fisica “moderna”, (Galileo era del ‘600) e non arrogarsi il diritto di sapere, ripeto, in assoluto. Più precisamente l’errore consiste nel ritenere la nostra interpretazione vera fisicamente, sempre affidabile ed esatta: ma proprio questo ci viene insegnato, o meglio inculcato nel profondo, tanto da sentirci “perfetti” simili a “semidei”, se non “dei” a conoscenza della verità. Come vedremo, in verità, noi non sappiamo proprio nulla, ma tentiamo con teorie ad avvicinarci alla verità fisica o reale che dir si voglia, senza mai raggiungerla. Ovviamente più la teoria si avvicina all’ignoto reale (sempre entro certi limiti di contorno), più possiamo sfruttarne le relative leggi (radici o soluzioni), e qui inizia il fraintendimento ingannevole di onnipotenza.

Lo scienziato, che ritiene di essere massimamente logico e matematicamente esatto, non si rende conto che senza tolleranza ed umiltà, nega di fatto la stessa numerabilità aritmetica. La Base stessa della matematica numerica aritmetica elementare, che oggi tutti conoscono, è la numerabilità. Dal punto di vista teorico, quasi nulla da obiettare, ma dal punto di vista del reale? Principio fisico è la libertà delle origini, e non potrebbe essere altrimenti. Per un esempio semplicemente numerico di libera origine, dimensionale, può essere scelto il millimetro: un millimetro, due millimetri e via dicendo. Ma per misure più grandi uso il metro che corrisponde a 1000 millimetri. Bene, cosa succede se fisso l’origine dimensionale ad una grandezza fisica, ed inizio la numerazione, quindi per comodità sposto l’origine (rammento sempre libera) ad una più consona alla grandezza? Non mi sposto MAI dall’unità, quindi intransigentemente nego la stessa numerabilità. Esempio, parto da uno (qualunque sia l’origine) quindi aggiungendo un altro 1 raggiungo 2, che considero la nuova origine, quindi 1 ecc. ecc. Supponiamo ora di voler raggiungere l’infinito, ed incremento la numerazione, diciamo fino a ben cento cifre , impronunciabile, allora la fisso come origine e vado avanti. Risulta evidente che rimango sempre all’unità, mentre l’infinito non viene mai raggiunto, anzi per un “illuminato”, che erroneamente si ritiene “realista” non vi è neppure una “tendenza” a raggiungerlo, neglio, si negano tutte le “tendenze” e di fatto si nega addirittura il fondamento della analisi matematica differenziale.  

Dal punto di vista analitico (matematico) esistono equazioni (alle derivate parziali) che descrivono la realtà fisica, vengono dette “equazioni generali”. Di queste equazioni generali, in verità conosciamo solo quelle relative all’elettromagnetismo, dette “di Maxwell” dal loro scopritore (circa un secolo e mezzo fa). Si tratta di un gruppo di quattro equazioni (che possono essere espresse in forma sia differenziale che integrale), ridotte da Einstein a due sole equazioni in forma quadridimensionale. Ma allora, almeno in analisi, sappiamo tutto sull’elettromagnetismo! E possiamo ben comprenderlo! Bè non esattamente. Le radici (soluzioni) delle eq. Gen. Sono in numero… attenzione, infinito alla infinito, ovvero infinito moltiplicato infinite volte. Tutto? Una volta lo scrivente lo pensava, anzi pensava che il "solo" infinito fosse tutto, e lo avvicinasse a Dio. Ma come sempre la realtà ci sfugge, e neppure infinito alla infinito si avvicina al tutto e tantomeno a Dio. Per risolvere, ovvero trovare radici utilizzabili realmente, occorre delimitare un contorno ( e trovarle “al contorno”) nello spazio ultrainfinito delle equazioni. Se poniamo un contorno che delimita ad esempio le onde radio, otteniamo radici (risultati) applicabili alle onde radio, se poniamo il contorno ai parametri del calore, bene, otteniamo radici per il calore, idem per la luce, ecc. Trovato! Per conoscere meglio una realtà maggiore, basta ampliare il contorno, che comprenda radio, calore, luce! Certo, ma le radici (chissà per quale motivo) diventano inconsistenti, evanescenti, eteree, non utilizzabili per noi umili mortali. Peggio, per utilizzare praticamente molte formule, ricavate dalle eq. Maxwell, occorre semplificarle, ovvero distoglierle ulteriormente dal vero “assoluto”. Faccio un banale esempio: qualsiasi elettricista conosce l’equazione di Ohm, tensione uguale corrente per resistenza. Semplicissima, ma se la ricaviamo dalle eq. Generali, la formula è chilometrica. Quindi trattasi di formula semplificata, assolutamente non applicabile in generale, neppure in elettrologia. Ma i limiti “reali” della famosissima ed universalmente impiegata formula di Ohm, si evidenziano elementarmente anche per il fatto che almeno la tensione è concetto squisitamente relativo e che in “pratica” la resistenza “pura” non può esistere, è utopica. Infatti il componente elettrico che si definisce resistenza deve avere una dimensione, non può essere un punto matematico (quindi inesistente nella realtà), se ha dimensione, ha sicuramente una capacità ed una induttanza, quindi non è solo resistenza. Ergo: la formula ritenuta affidabilissima, lo è, se non si pretende troppo, se invece si vuole essere fisicamente precisissimi, addirittura assoluti, la formula erra, è sbagliata. Che volete, mi vien da ridere. Ma Attenzione a trarre conclusioni! Occorre anzitutto la conoscenza, quindi occorre studiare! I Veda (teologia precristiana) saggiamente dicono: “chi ignora procede nell’oscurità senza nulla vedere, mentre chi ha conoscenza procede con l’aiuto di una lampada più o meno forte, vede i suoi passi, e parte del sentiero, ma assolutamente non vede il tutto". La conoscenza non potrà mai avvicinarci alla verità e tantomeno a Dio, ma aiuta a vivere terrenamente.

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FISICI DETERMINISTI E FISICA REALE

Esiste una definizione per i “fisici” che si ritengono realisti e concreti: sono i seguaci della “fisica deterministica”. Ma cosa esiste di più concreto di un masso, una pietra? La tocco, ne sento la consistenza, il peso, la indubbia realtà. Se ho dei dubbi "paranoici", posso verificarne l’indubbia esistenza materiale, ad esempio lasciandola cadere su di un piede. Specialmente se la pietra è bella pesante, ne provo la realtà con un dolore cane, se non con lo spappolamento del piede. Tutto chiaro. La pietra è materia. Quindi abbiamo conoscenza del reale, e non ci interessano speculazioni teoriche paranormali e sofistiche. Su questa “certezza” (che vedremo illusoria) si sono basati vari esperimenti per fissarne matematicamente e praticamente i parametri, onde sfruttarli al meglio. I risultati furono, anzi sono, sconcertanti: detto in parole semplici, la tanto “certa” materia, si è dimostrata essere per nulla “concreta”. Il concetto umano che abbiamo, anche dall’esperienza grossolana concreta, non corrisponde affatto (vuol dire proprio) alla realtà, che risulta addirittura sconcertante oltre che incomprensibile. Più precisamente, la materia si comporta anche come onda. Ma un’onda, (energia), altro non è che uno stato della meteria, se agito l’acqua, questa forma delle onde, ma se tolgo l’acqua, tolgo pure le onde. Se metto una pietra di un chilo ad un metro di altezza, usando il desueto “sistema degli ingegneri” ho l’energia di un chilogrammetro, se tolgo la pietra, tolgo l’energia. Come possono essere la stessa cosa? Infatti lo sono, ma pure, non lo sono, essendo qualcosa di diverso, per noi incomprensibile e sconosciuto. Un tempo per spiegare l’oscillazione elettromagnetica, ad esempio la luce, si ipotizzava l’esistenza di una sostanza “fine” che permea tutto l’universo, questa sostanza era detta “etere”. Ma presto venne dimostrato, sia esperimentalmente, sia analiticamente, che l’etere non esiste, e non comparendo nelle equazioni “generali” , semplicemente, non serve che esista. Quindi della realtà che ci illudevamo di comprendere, non sappiamo proprio nulla. Come dicevamo, la realtà trascende il concetto umano. Come è possibile che ad oscillare sia il nulla? A meno che il nulla non sia propriamente nulla, ma qualcosa a noi ignoto. Per superare questa completa disfatta deterministica si è fatto ricorso ad una teoria famosissima: la fisica quantistica. Visto che la materia è anche oscillazione, bene, ipotizziamo dei bei “pacchetti d’onda” e li chiamiamo “quanti” risolvendo tutto, almeno in teoria. Visto che la materia non si propaga come un’onda, non si capisce come i quanti che la comporrebbero al contrario stiano concretamente dove sono senza espandersi. Per spiegare l’ignoto, si ricorre al bizzarro, altrettanto ignoto, convincendoci della nostra completa ignoranza del vero. Comunque un risultato, una radice della realtà, crediamo di averla conquistata.

Quindi se abbracciamo la teoria oscillatoria e la fisica quantistica, ci siamo in qualche modo avvicinati al vero, al reale. Che cosa esiste di più consono alla definizione stessa di “onda” se non la luce? Se ne deduce logicamente che, in fondo tutto è luce! O no? Purtroppo, malgrado l’impeccabile ragionamento, occorre considerare la teoria corpuscolare della luce. Tutto l’opposto di quanto sinora detto. Infatti, sperimentalmente, e suppongo con grande sbigottimento dei ricercatori, alcuni fenomeni ottici non sono spiegabili se non ipotizzando la luce come materia: Ecco i cosidetti fotoni: particelle aventi caratteristiche anche materiali, in grado di colpire oggetti, e muoverli. La realtà fisica ci sfugge ancora, risulta evidende che il reale è del tutto diverso dalle nostre teorie, come, non lo sa nessuno, ed esula dalla nostra seppur fervida immaginazione.
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TEORIA DELLA RELATIVITA'

Prima di procedere con la teoria della relatività, occorre fare una premessa. I comunicatori di massa, i famosi massmedia (fra i quali televisione, internet, radio, giornali e simili), tramite famosi dottissimi personaggi, hanno diffuso vari concetti relativistici, in modo apparentemente chiaro ed elementare, molto determinista. Per i principii galileiani basterebbe questo per smentire il risaputo comune. Quello che quasi tutti scordano spiegando la relatività è proprio l’elementare concetto fisico relativistico stesso: Ad esempio, se chiedo ad una persona che siede comodo in poltrona a che velocità vada, mi risponde che la sua velocità è nulla essendo fermo. Ma il concetto stesso di velocità è elementarmente relativistico: dipende rispetto a chi o cosa, non è un concetto assoluto. Ad esempio, rispetto un osservatore esterno alla terra, anche stando seduto, compio in un giorno una rotazione terrestre. Ma rispetto il sole, in un anno compio addirittura l’orbita, apputo terrestre, velocità spaventosa, e via dicendo. Ora viene il bello: si definisce confine dell’universo quello ove le galassie si allontanano da noi alla velocità della luce, questo significa ineluttabilmente che noi, anche in poltrona, ci muoviamo alla velocità della luce! Ma dove sono tutte quelle cose che ci hanno inculcato (letteralmente infilate nel deretano) esistere alla velocità della luce? Tutto è normale, non vedo distorsioni spaziali, variazioni del tempo, possibilità di raggiungere qualsiasi punto istantaneamente ecc. ecc. Attenzione: la Relatività non è sbagliata, sono i divulgatori ad errare, dimostrando di non aver capito assolutamente nulla, ed ignorare il concetto relativistico. Per dire che un qualcosa si muove occorrono due riferimenti Relativi fra di loro: uno è l’oggetto, l’altro l’ambiente ove avviene il moto. Per noi l’ambiente, di solito, è la superficie terrestre, l’origine o punto zero, siamo noi. Questo significa che noi, rispetto noi, siamo sempre e comunque fermi. Del tutto simile alla impossibilità vista di numerazione intransigente: anche se siamo su di un mezzo a velocità elevata, non vedremmo le distanze interne, e gli oggetti contenuti, variare, per il semplice fatto che relativamente "loro e noi" non ci muoviamo affatto, anche se andiamo alla velocità della luce. A cambiare, rispetto il mezzo e noi, per noi, è lo spazio esterno.

Eintein dimostrò in modo elegantemente semplice e geniale che la sua teoria della relatività non poteva essere vera, e che sicuramente verrà superata, pressappoco con le seguenti parole “ tutta la mia teoria si basa sull’esistenza del sistema inerziale, ma se l’universo fosse formato anche solo da due punti materiali, bene ogni punto interragirebbe sull’altro, e quindi il sistema non sarebbe inerziale; l’universo è formato da ben più di soli due punti, quindi il sistema inerziale è utopia, non riflette il reale, e la relatività pure.” Detto questo, e malgrado questo, la relatività rimane la teoria che più descrive la realtà, anche senza essere il reale. Molti fisici deterministici odiano la cosidetta formula di Einstein, appunto per il fatto che evidenza la nostra completa ignoranza. Si afferma, in pratica, che l’energia e la materia sono la stessa cosa, per l’esattezza l’energia è eguale alla massa (materiale) moltiplicata per la velocità della luce al quadrato (vel. Luce per vel. Luce). Ovvero la materia è uguale all’energia diviso per la vel. Luce al quadrato. Semplicissima ed intimamente assurda per la nostra logica: come puo lo stato di una cosa essere la stessa cosa? Forse per il fatto che non abbiamo la minima idea di cosa sia veramente la materia e neppure l’energia? Certo vi sono tomi eruditissimi sull’argomento, certamente degni di nota, importantissimi per la cultura fisica e matematica, ma, alla resa dei conti sono solo tentativi di avvicinarci all’inarrivabile. Con questo non si vuole inficiare la cultura scientifica, importantissima, ma solo ridimensionarne il falso ed arrogante concetto di veridicità assoluta ed infallibilità che quasi universalmente si cerca di appiopparle. Umiltà, Galileo insegna. Se la formula più nota di Einstein non descrivesse, almeno teoricamente, un aspetto pratico della verità, la bomba atomica non esploderebbe, e non funzionerebbe nulla del cosidetto “nucleare”. Non solo, ma il Sole e tutte le stelle non brillerebbero, e la Terra sarebbe morta.
L’obiezione pragmatica più seguita per sminuire la relatività einsteiniana è quella di far credere della quasi impossibilità pratica di verificarne un aspetto reale, concreto. Si parla di velocità iperboliche (luce), parametri “al limite”, in pratica irraggiungibili ecc. ecc. La cosa che più disturba le menti “illuminate” razionali è la relatività del tempo. Inconcepibile, impossibile da dimostrare semplicemente. Siamo perfettamente in tema: tutte balle di presunta fisica deterministica. Ora verrà fatta una elementare dimostrazione che chiamo (chissà perchè) “PROBLEMA DELLE DUE PALLE” . Bene ho due palle in mano, della stessa carica, positiva o negativa, non importa. Le due palle si respingono, vi è campo elettrico, ma non vi è campo magnetico, a parte quello terrestre rilevato da una bussola. Parliamo di relatività quindi esiste un secondo osservatore che si muove diciamo a passi lenti, relativamente al sottoscritto che è seduto. Quindi nulla di insolito e tantomeno velocità della luce,  questo secondo osservatore si muove rispetto le palle, ma rispetto lui, sono le palle a muoversi, tutte e due parallelamente. Due cariche dello stesso segno che si muovono parallelamente generano un campo magnetico che tende ad attirarle, l’una all’altra. Ora viene la bella deduzione logica, universalmente quasi del tutto obliterata: per me, primo osservatore fermo con le palle in mano, queste palle si respingono con una forza calcolabile, e non esiste alcun campo magnetico. Per il secondo osservatore, senza palle in mano, dette si respingono con la forza suddetta, meno la forza di attrazione del campo magnetico esistente, che si può verificare anche con una semplice bussola. Se ripetiamo l’esperimento con le parti invertite, il primo osservatore passeggia, ed il secondo osservatore, (quello senza palle), rimane comodamente seduto…. Ebbene, non cambia proprio nulla tutto come prima. Come la mettiamo (lasciando perdere lo Yoga Tantrico)? Chi ha ragione? Per quale motivo? Notare bene che non si tratta di “modo di vedere” o paranormale o qualsiasi altra scappatoia sofistica. Avete presente una gru ad elettrocalamita che solleva tonellate di materiale ferroso? Bene funziona per lo stesso intimo motivo e per lo stesso motivo funzionano le formule elettromagnetiche, ovvero è una realtà fisica. La semplice spiegazione, assai ostica da digerire per i sedicenti razionali, concreti, pragmatici, deterministi, è che i due osservatori appartengono (anche senza velocità luce) a due sistemi temporali differenti: infatti fra di loro esite moto relativo: tutti e due hanno perfettamente ragione. Certo la cosa esula dalla nostra capacità di comprensione, e si conferma il fatto che della vera fisica, non sappiamo nulla. Più precisamente, per noi è paradossale, ma è la verità, non certo a dimensione mentale“umana”.
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LIMITI DELLA DIDATTICA

Ovviamente gli insegnanti debbono rispondere al pragmatismo proprio dell’insegamento: massima unificazione dei concetti, a domanda risposta precisa, messuno sconfinamento dal seminato. Detto in parole povere, appiattimento del cervello. In parte la cosa è dovuta alla formazione stessa, detta non a caso, disciplina. L’insegnante stesso deve convincersi di inculcare concetti veri e reali. Non può certo dire di raccontare balle! Ma l’umiltà, il “buon senso” ? A quel paese! Un bel disastro! Quando si studiano certe palle mostruose, ci si sente dei padreterni, si sa di sapere! Alla faccia dell’antica filastrocca “chi più sa, più sa di non sapere”. Quindi impera il determinismo accademico. Si cerca, anche artatamente, di distruggere ogni critica (con illusione della vera conoscenza). Un esempio eclatante è la comune “spiegazione volgare” del principio di indeterminazione (di Heisemberg, dallo scopritore) che (detto elementarmente) sancisce l’impossibilità, ad esempio nel moto di una particella materiale, anche se si conosce esattamente velocità e posizione vettoriale iniziale, di determinare esattamente la posizione finale dopo un preciso lasso di tempo. Ovviamente l’ambito è la meccanica quantistica, di cui conosciamo i limiti, ma si tratta di un principio, ovvero pragmaticamente vero nella pratica. Faccio un esempio, prendiamo per vero la struttura materiale di un atomo di idrogeno (ovviamente piccolissimo): un elettrone (negativo) che ruota “attorno” ad un nucleo (protone positivo), bene, se conosciamo posizione e vettore velocità di questo elettrone, un istante, comunque breve, dopo, l’indeterminazione stabilisce che detto può trovarsi nell’ambito di circa mezzo metro dal nucleo! Ovvio che l’immaginifica rappresentazione strutturale cade, e la realtà, ancora una volta, diviene un mistero. La spiegazione pragmatica di comodo sarebbe: “dal momento che si osserva un oggetto, lo si cambia, perché rilevandone la posizione (pensiamo ad un proiettile ed un foglio di carta che ne rileva la posizione) l’abbiamo cambiata”. Perfetto sofismo di buon livello! Peccato che l’assioma (premessa) del principio in oggetto prevede chiaramente che gli strumenti non debbono, in nessun modo, influenzare la misura; poi risulta chiaro che l’esempio riportato dell’elettrone, non è assolutamente chiarito dalla “supposta” spiegazione: come possiamo concepire una materializzazione del’elettrone in un punto qualsiasi di uno spazio miliardi di volte superiore alla dimensione dell’atomo? Eppure questa "spiegazione" (boiata) dicono i divulgatori di massa, reputati geni scientifici, provocando danni concettuali devastanti. Occorre tenere ben presente che, nella vita comune, il principio di indeterminazione (dipende da "h" costante di Plank, piccolissima) non ha in pratica nessun effetto. Quindi “funziona” benissimo la teoria classica galileo-newtoniana. Ovviamente, se sparo ad una persona, anche con un foglio di carta interposto, la colpisco! E non posso certo dire, a mia discolpa, che la causa è del foglio, o dell’indeterminazione.

La disciplina che studia la "struttura della materia", si è sviluppata recentemente con innumerevoli “scoperte” in particolare di particelle che dovrebbero “spiegare” tutto, o quasi. Ma ci siamo, almeno un pochino, avvicinati a teorizzare qualcosa che corrisponde veramente al reale? Come nostro solito, invece di perdeci in elucubrazioni teoriche complesse, iniziamo da qualcosa di “semplice”. Abbiamo visto che il concetto stesso dell’atomo simile ad un sistema planetario è, almeno per quanto riguarda l’orbita elettronica, errato. Infatti oggi si parla di “nube probabilistica” orbitale, una specie di guscio, in cui è probabile risieda il moto elettronico. Ma esite veramente una particella subatomica di dimensioni relativamente grandi, carica negativamente e di peso quasi trascurabile, che si muove in orbitali attorno ad un nucleo, piccolo ma pesantissimo, di carica positiva? Circa la carica, è concetto relativo, e vale la convenzione che adottiamo, ossia elettroni negativi, protoni positivi. L’orbitale detto “p” è simile ad un “8”, lo si è dedotto dalle forme cristalline riflettenti le forme molecolari, che dipenderebbero massimamente dagli orbitali. Ora il punto più probabile di trovare l’elettrone nell’orbitale p è l’incrocio al centro dell’8, che corrisponde pure alla posizione del nucleo. Ovviamente qualcosa nella teoria non quadra. Inoltre si definisce “neutrone” la particella che unisce le proprietà sia elettroniche che protoniche, bene, allora per qual motivo i protoni letteralmente “bombardati”, nell’orbitale p, dagli elettroni non formano dei neutroni? Mistero, o meglio probabilmente le teorie strutturali sono vere balle pseudo scientifiche. Inutile ribadire il solito concetto di base: questo non significa che non bisogna più proseguire le ricerche e studiare per cercare di teorizzare qualcosa, beninteso sapendo di non poter mai raggiungere la vera conoscenza. 

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TEORIA ONDULATORIA DELLA MATERIA

Abbiamo visto che è stato dimostrato come l’elettrone (quello che in un qualche modo dovrebbe orbitare attorno al nucleo) abbia una lunghezza d’onda, quindi non si comporti solo come particella, ma pure come onda. Onda di cosa? Del nulla, o meno offensivo per i deterministi, del “vuoto”. Boh, eppure è così, almeno sembra. Non solo ma si sa che l’energia racchiusa in un elettrone, considerato quantisticamente come una specie di “concentrato” di energia, corrisponde a circa dieci milioni di elettoni-volts. Questa cosa, alquanto paradossale, viene recepita reale, dal momento che le bombe atomiche e le pile atomiche esistono, e funzionano. Più ostico per la “scienza” diciamo “comune” è ammettere l’inverso: con la stessa energia, posso dal nulla “creare” un elettrone? Sperimentalmente SI, e qui raggiungiamo il parossismo totale. Ma allora che cosa è la materia? L’energia viene definita come uno “stato della materia”, infatti, come detto, è la materia che in uno certo "stato" fornisce l’energia. Pensiamo ad un pendolo: il batocchio, nella posizione più alta, possiede energia potenziale di posizione, scendendo acquista velocità, sino al punto più basso dove non ha più energia di posizione, ma cinetica, quindi risale oscillando sino al punto più alto, dove non ha più energia cinetica ma solo energia potenziale, e così via, teoricamente all’infinito se non vi fosse attrito. Certo, ma se “togliamo” il batocchio, eliminiamo “la materia” non funziona nulla, non avremmo energia. Abbiamo detto che ad oscillare è il nulla, o vuoto che dir si voglia, visto che “l’etere oscillante” non esiste. Non ci vuole certo un esperto di logica deduttiva per vedere il paradosso: allora la materia è nulla, o meglio uno stato del nulla? Einstein sentenziò, logicamente, che di per se’ stessa, la materia non esiste, ma esiste “sorretta” da una, diciamo, “mano”. Poi (apriti o Cielo!) aggiunse che “uno studioso ateo, che non crede in Dio, NON PUO’ DEFINIRSI SCIENZIATO” Ovvio che molti reputatissimi dotti considerino Einstein un pazzo, poco più che demente, facilmente superabile anche dai “bambini prodigio” ecc. ecc. Ovvia la reazione di Einstein con le famose boccacce. Se è tanto semplice studiare la relatività, per quale ragione all’Università, al massimo si arriva a quella “ristretta”, ma quella "generale" sia quasi una chimera? Il testo di relatività più rinomato è “Theorie des Champs di Landau e Lifchitz”, tradotto dal russo in francese, oggi alquanto “rielaborato” rispetto il testo di oltre mezzo secolo or sono che rammento. Molte cose sono state, diciamo “obliate” o traslate di comodo. Ad esempio, ho letto (internet) che il “cono spazio-temporale”. quello descrivente il passato, il presente, il futuro, contornato dal “presente indefinito” senza spazio ne’ tempo, viene spicciatamente detto cono di luce, come quello di fisica elementare! Balle di fisica ipocrita! Bellissimo.

Nei Sermoni Subalpini, scritto medioevale in occeltico (occitano, ad occito della Grecia) salvatosi per essere stato “nascosto” entro un innocente codice due-trecentesco ecclesiastico latino, viene menzionato il Sognatore. Se il nostro “mondo”, noi, fossimo parte del sogno, saremmo convinti di esistere, ed in un certo senso esisteremmo veramente, entro il sogno. Ma se il sognatore si sveglia, tutto svanirebbe, salvo chi sognava, che continuerebbe ad esistere. Ovviamente si tratta di una analogia teologica del “divino” detto sognatore, e della materia (noi compresi) che esisterebbe grazie al sogno, ma non di per se stessa. Sincretismo molto curioso. In teologia ecclesiastica, intesa appunto come “ecclesia= che comprende il tutto”, =universale, non è il solo esempio “stranamente” rispondente alle risultanze di fisica ed analisi. I Sermoni Subalpini descrivono fatti per lo più inerenti le Sacre Scritture, Vulgata in testa, e pare di fonte monastica molto più antica, forse anche anteriore il mille. Ci siamo persi, allontanati dal nostro scopo “scientifico? Non mi pare proprio, ma immagino la levata di scudi ed il sospetto ingenerato, dell’essere un cosidetto “baciapile”, bigotto puritano e succube della Chiesa (Ecclesia?) ufficiale, od “agente” infiltrato di qualche setta ideologica fortemente antiscientifica. Congetture, ipotesi, Teorie che mai possono rispecchiare la realtà, ma solo fornire probabilità su realtà umanamente incomprensibili. Quindi, per rimanere nel “concreto” e soddisfare i “deterministi”, dobbiamo rientrare nei ranghi, ed analizzare matematicamente la fisica quantistica probabilistica, che ammette l’impossibilità di avere certezze del cento per cento.
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PROBABILITA' E TEORIA DELL'ERRORE

Tutti sanno che la probabilità di “pescare” un determinato numero da un sacchetto che ne contiene 90 in ordine progressivo, sarebbe uno su novanta. Ma questa frettolosa affermazione, che tanto piace ai deterministi, sarebbe esatta se nell’universo vi fosse solo quel sacchetto, e se fosse la prima volta che si usa: cosa assolutamente non vera, per la legge dei grandi numeri, come vedremo. Inoltre si dice che una volta estratto un numero, e ributtato nel sacchetto, la probabilità che venga “ripescato” rimarrebbe sempre di uno su novanta. Qualsiasi giocatore, anche solo del “lotto” sa che la cosa non è assolutamente vera: la probabilità che riesca consecutivamente lo stesso numero è molto più bassa! Per la legge dei grandi numeri, anche solo limitandoci alle cosidette “ruote” italiane, dato che vengono coinvolte tutte, se esce un numero su di una “ruota”, diminuisce la probabilità che esca sulle altre. Sembra che una “magica “ memoria rammenti tutto quello che succede, come fosse paranormale, invece…… è normale, legge dei grandi numeri, e la libertà “dell’origine” ovvero del “contorno”. Ovviamente, questa esposizione dei fatti reali, rende oltremodo furiosi gli studiosi “concreti e razionali” anche di statistica, che si aggrappano ad umane “definizioni”, probabilità al posto di densità di probabilità, e via dicendo. La legge dei grandi numeri, a prima vista, appare semplicissima ed estremamente logica. Atteniamoci al nostro semplice esempio del sacchetto e supponiamo di fare un numero grandissimo di “estrazioni”, bene, alla fine tutti i numeri sono usciti in quantità circa uguale. Pare proprio un inno al determinismo, ma come abbiamo visto, la realtà è più “evanescente” per le nostre menti. Notare che in questo caso abbiamo usato solo l’analisi matematica, ma spesso è proprio la matematica a porci dei “paletti” dei confini alla conoscenza umana. In definitiva, proprio la legge dei grandi numeri, nella nostra realtà, conduce al paradosso, negando di fatto concetti probabilistici.

Esiste tutta una serie di calcoli, facenti parte di una cosidetta “teoria dell’errore” dove si cerca di verificare la probabilità di attinenza della scienza umana con la realtà, sapendo di non poter mai avere una certezza assoluta. Ad esempio si può applicare detta disciplina per verificare, appunto, il grado di veridicità di una teoria, di un calcolo, od anche di una semplice misura. Sembra incredibile, ma una qualunque misura fisica non può mai essere conosciuta con accuratezza del 100%. Per verificare una misura occorre effettuarla da diversi operatori, svariate volte, e, per una prima analisi, farne la media matematica. Se si vuole un grado di accuratezza migliore occorre il calcolo differenziale tramite interpolazione delle curve risultanti. Volendo una accuratezza "assoluta", proprio quella che frettolosamente viene data per “scientifica”, occorrerebbero infinite misurazioni fatte da infiniti operatori. Ecco per qual motivo non si può mai dire, anche per le cose più certe, che sono esatte al 100%. Si potrebbero fare diversi esempi di esperimentazioni effettuate e relative cantonate. Una famosa fu il tentativo di stabilire la massa con una bilancia ultraprecisa, che non subisse le vibrazioni, del terreno e dell’aria. Proprio a Nuova York, molto stabite tettonicamente, venne fatto uno scavo per raggiungere la massa rocciosa sottostante, venne isolata l’aria, i rumori ecc. ecc. Poi ci si rese conto di vari parametri imprevedibili che influivano sulla misura: la pressione atmosferica, la temperatura, l’umidità, la Luna, e persino Giove! Si pretendeva troppo. Anche il fisicamente “misurabile” si può conoscere solo con una certa tolleranza e probabilità, ma mai esattamente, mai in assoluto. Una piccola parentesi, per ribadire il ribadito: le scuole, non solo elementeri, diciamo che “semplificano”, per menti considerate immature, e ci mentono spudoratamente, quindi anche le cose più (apparentemente) ovvie e radicate, sono false; parlando della Luna, si dice che “ruota attorno alla Terra”, falso, sia la Luna che la Terra girano entrambe attorno al baricentro comune, ovvero anche la Terra, “gira” attorno alla Luna, ma essendo la Luna molto più “leggera”, il baricentro si trova ancora entro la massa terrestre (molto decentrato). Ecco il motivo per cui le maree non si verificano solo sulla parte “esposta” alla Luna, ma anche nella parte opposta (forza centrifuga).

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NUMERI IMMAGINARI E VETTORI

Se moltiplichiamo un numero per se stesso otteniamo il cosidetto quadrato del mumero, od elevazione alla potenza di 2 del numero. L’operazione contraria è detta estrazione di radice quadrata. Ora provate a fare il quadrato di 1, oppure di –1, viene sempre 1, ma se estraiamo la radice di –1? Allora otteniamo la base dei numeri detti “immaginari” e scritti con la lettera “i”. Questi numeri nella “pratica” vengono frettolosamente definiti come inesistenti, ecco per qual motivo definiti immaginari. Va subito detto che le radici (soluzioni) di molte equazioni, anche semplici, non sono solo numeri reali, ma numeri complessi, con una parte reale e considerata, ed una parte immaginaria, ovviamente “razionalmente” scartata. Rammento che siamo in teoria pura. Cosa succede se, in un calcolo, capita di dover moltiplicare fra di loro due numeri immaginari? Miracolo! Salta fuori un numero reale! Infatti la radice di –1 per radice di –1, fornisce 1 reale. Questo significa che anche nei numeri complessi, saltano fuori altre soluzioni, del tutto reali, ma completamente diverse da quelle che si ottengono scartando la parte immaginaria. Quindi anche in teoria matematica succede qualcosa che sfugge alla semplice razionalità umana. Proseguiamo, I numeri, tutti, possono rappresentare solo “moduli”, ma non possono rappresentare, neppure teoricamente, una completa descrizione analitica, occorre ampliare il concetto di numero per avvicinarci alla realtà. Una prima implementazione, necessaria, è l'introduzione della grandezza “vettoriale”, dove non conta solo il modulo (numero) ma pure la direzione ed il verso.

Qualsiasi “parametro” reale, sia esso peso, capacità, dimensione, velocità, temperatura ecc. non può mai essere semplicemente descritto da un solo numero o da un solo vettore, Infatti i parametri reali variano, ad esempio nel tempo, istante per istante, ovvero (per l’esempio temporale) il parametro è una “funzione” del tempo, una curva che può essere rappresentata su di un semplice grafico detto cartesiano. Questo limitandoci ad una sola dimensione (più quella di funzione). Facciamo un esempio pratico comune: la velocità. Semplicissimo: si vede la distanza percorsa, supponiamo venti chilometri, si divide per il tempo occorso, supponiamo due ore, ed otteniamo la velocità modulare “media” di dieci chilometri l’ora, “alla buona” senza pretese di “precisione” ed aderenza perfetta alla realtà. Infatti nelle due ore abbiamo, per forza, cambiato spesso sia modulo che direzione. Anche se la strada fosse una retta perfetta, perfettamente liscia, perfettamente piana, ecc., vi è sempre una interferenza casuale, come la meccanica, il vento, ecc. Quindi dobbiamo considerare la velocità per quello che è, un vettore, che varia nel tempo istante per istante, ossia può essere descritto come funzione a tre dimensioni, più quella temporale. Semplifichiamo pure in una funzione spaziale a due dimensioni più il tempo. Un grafico (semplificato) del genere rappresenta una superficie a tre dimensioni, con alti e bassi, tipo un panorama montuoso. Un semplice grafico cartesiano non è adatto a rappresentare la velocità. Risulta vantaggioso usare il grafico vettoriale polare: immaginate di poggiare il gomito sul tavolo ed indicare un qualsiasi punto, senza spostare il punto di appoggio (origine). Se la lunghezza del braccio fosse variabile, si potrebbe “toccare” un qualsiasi punto ed indicarne le coordinate polari: lunghezza del braccio (modulo), direzione e verso tramite l’angolo formato dal braccio (vettore posizione con origine). Come si vede da cosa apparentemente semplicissima, se vogliamo essere più precisi (ma mai del tutto), semplificando, abbiamo dovuto sviluppare, anche solo teoricamente, qualcosa di più complesso. Ora vediamo, con le coordinate polari, come possiamo trovare un modo (formula) che descriva la velocità istantanea, in un modo più realistico del semplice velocità = spazio su (diviso) tempo (ossia v=s/t) o meglio variazione dello spazio su variazione del tempo (v=ds/dt), nel calcolo differenziale “d” sta a significare una variazione che si avvicina (tende) a zero. Semplifichiamo ancora e supponiamo di muoverci solo su di un piano. Chiamiamo "r" il modulo del vettore di posizione (lunghezza del braccio dal gomito alla punta dell’indice) "teta" l’angolo che il vettore forma con l’asse di riferimento (una linea sul tavolo che delimita il piano, tipo una lastra verticale su cui appoggiamo il braccio),  la velocità istantanea risulta uguale a “r” con sopra un punto (significa dr/dt) teta punto (dteta/dt) “i” (immaginario) “u” con sopra una freccetta (significa vettore unitario). Come si dede, anche senza raggiungere, neppure in teoria, il “reale” siamo finiti giocoforza nell’uso del calcolo cosidetto “differenziale”. Ma la realtà totale continua a sfuggirci. A meno che, umilmente non ci accontentiamo del “circa” elementare, senza tentare di avere certezze assolute, anche solo teoriche. Attenzione: abbiamo più volte anche teoricamente "semplificato" , ossia ci siamo allontanati dal reale, che ci risulta, nostro malgrado, del tutto alieno .
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METODO DIVINATORIO E PALLE SUL MEDIOEVO

Come abbiamo visto, anche con descrizioni semplici è facile cadere in funzioni di grado superiore al terzo (rammento le tre dimensioni della nostra realtà), ma le equazioni (non riducibili) superiori al terzo grado non sono risolvibili se non con il metodo “divinatorio”, certo, non sono palle,  si tratta di un metodo matematico: il padreterno, o chi per esso, mi fornisce una radice (soluzione), sostituisco la radice, avuta per intercessione divina, nell’equazione, se la soddisfa….. bene! Una radice è stata trovata. Anatema! Eresia! Odo le urla dei razionali adoratori della ragione pura. Ma chi la scrisse, l’illuminato e veneratissimo Kant, poi, rendendosi conto della totale utopia non certo reale della sua “Critica della Ragion Pura” scrisse la “Critica Ragion Pratica”, smentento di fatto se stesso, con altrettanto illuminate teorie, nel vero senso irreale della parola. Parole, belle parole, definizioni, ragionamenti altamente sofistici, ergo grandi teorie campate in aria, senza neppure il tentativo di una verifica “scientifica”, anzi, il titolo stesso mente: non si critica la pura ragione umana, ma la si esalta al divino. E qui spezzo una lancia a favore della, sinora qui criticata, ricerca scientifica ,che, se non altro, cerca di avvicinarsi al reale e riesce, in parte, a descriverlo, quindi utilizzarlo. In caso contrario non vi sarebbe progresso, niente radio, niente TV, niente elaboratori (computer), auto, ecc. ecc. Detto questo, ribadisco i limiti della scienza e della matematica quando cercano di raggiungere la conoscenza totale, e ribadisco con forza la critica alle palle deterministiche elargite a piene mani, a confondere le menti. Rammento la filosofia cassata dal filo logico e matematico, ovvero della “sofia” o sofismo puro: roboante presa per i fondelli. Certamente la filosofia oggi impartita anche agli ingegneri civili servirà a non far cadere i ponti moderni, che continuano a cadere, mentre stranamente molti ponti bimillenari romani, sono ancora in piedi. Domanda scontata: "ma non sarebbe molto meglio insegnare la logica e la matematica (analisi) ai filosofi?" Almeno potremmo avere teorie e non teoremi fantastici da pure elucubrazioni mnemoniche, illuminazioni coscienti od oniriche, palle colossali dedotte dal.... nulla, invenzioni dal nulla provate, ma che ti fanno sentire onnisapiente. Di niente, appunto.

I canoni della scienza oggi sono completamente ribaltati. Galileo, il vero padre della scienza moderna, che per primo, con grave rischio personale, ebbe il coraggio di criticare i dotti coevi legati ad interpretazioni classico-clericali dei “sacri” testi antichi, poneva basi interpretative scientifiche ben chiare: occorre guardare con umiltà i fenomeni naturali, senza preconcetti pragmatici, senza “convinzioni comuni”, senza concetti “illuminati”, ovvero senza interferenza, per quanto possibile, della nostra ragione umana. Come conseguenza possiamo cercare di descrivere, la realtà osservata, in una teoria, che per definizione stessa è, di principio errata, non essendo noi divini, ma umani. Guardiamo le cose attuali: tutto ribaltato, addirittura, se un fenomeno naturale funziona benissimo, ma noi non siamo ancora riusciti a teorizzarlo, bene detto non viene considerato veramente degno della scienza, viene detto “empirico”, a volte con malcelato saccente disprezzo. Certo, l’empirismo, secondo lorsignori illuminati deterministi, va contro la logica razionale. Cosa gretta e medioevale, ha sentore dell’epoca risaputa (ritenuta) buia, triste, antiscientifica, illogica, zeppa di maghi, streghe, bigottismo e creduloneria! Al rogo!
Siamo sicuri? Ma non è forse vero che valevano ancora, malgrado la “contaminazione” barbarica, leggi ed usanze romane?. Ad esempio un reo doveva essere giudicato nel suo paese (dove magari il reato non era tale), pane e vino (l’acqua era per i prigionieri) erano gratuiti (vi sono state vere rivolte per un vino giudicato non buono), idem per l’assistenza sanitaria (gli Ospedalieri andavano a raccattare i malati incapaci). Nella zona “occidentale”, ad occito della Grecia, si parlava principalmente, appunto, occitano (provenzale ex provincia romana), dalla Sicilia al sud Inghilterra, la parte non cannibale al contrario della gran parte del nord inglese (sino al moderno 1500). Incredibile? Ecco come parlava Riccardo Primo Cuor di Leone, tanto (falsamente) romanzato: “Pro n’ai d’amis ma s’ paures on li don…” ovvero “A mio pro ne ho di amici ma sono poveri, si spauriscono, nei doni”, infatti non pagavano il suo riscatto. Non pare certo la lingua grutturale, detta inglese, attuale. Non siete ancora convinti? Ecco come si esprimeva il suo trisavolo dell’anno mille: “….. tant le fottei com ausirez che a poc no i rompei mos corretz e mos arneis”. Mi pare abbastanza chiaro e pudicamente non traslo, salvo ausirez=desideravano, ma mi sfogo: “alla faccia del medioevo bigotto e puritano!”. In effetti il puritanesimo è di epoca moderna e molto recente. L’inglese attuale era la lingua dei cannibali, assolutamente grutturale, senza vocali, e venne forzata da un galantuomo nel ‘500! Galantuomo che, rimproverato dal Papa (per delitti e pluri bigamia) si autonominò tale (Papa a capo della chiesa cristiana), e si mise la Tiara papale in testa. Rammentiamo che, sua figlia, salita al trono, fece decapitare la sorella, che non la riconosceva come Papa. A dirla tutta decapitò pure nobili, giudice e boia. Molto Venerata, Grande regina, sconfisse la Spagna alleandosi con i pirati….Bellissimo. Rammento pure che solo recentemente, la lingua inglese venne implementata (dal tanto odiato Oscar Wilde) per poter essere usata, ad esempio, nei romanzi (e viene di continuo ampliata anche oggi). Ma i roghi! Bene, nel medioevo non bruciavano maghi e streghe, che erano i “fisici” e guaritori dell’epoca, ed erano addirittura indispensabili in ogni castello o comunità. Certo, la fisica, dal popolino, era vista come qualcosa di magico, ed ancora oggi, in molti luoghi, per indicare un “mago” si dice che “fa la fisica”. Quindi abbiamo visto che si raccontano emerite palle non solo nelle “materie” scientifiche. Allegria! 
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IL CONO SPAZIO-TEMPORALE
Consideriamo uno spazio infinito tridimensionale cartesiano. Due assi, diciamo "x" e "y" rappresentano uno spazio dimensionale piano, l'asse "t" verticale rappresenta il tempo. Per ovvie ragioni abbiamo dovuto effettuare una prima semplificazione, non essendo per noi (umani) possibile rappresentare una figura a quattro dimensioni (tre più il tempo). Da un punto (evento) si diparte una generatrice che rappresenta la velocità della luce. Viene formato un cono analitico (immaginate due coni elementari, uno di base e l'altro capovolto, uniti al vertice, il punto evento) . il semicono sottostante rappresenta il PASSATO, il punto evento il PRESENTE, il semicono (capovolto) superiore il FUTURO. Più precisamente il semicono inferiore rappresente tutte le possibilità del passato, e quello superiore tutte le possibilità del futuro. E l'infinito spazio restante, al di fuori del cono? Viene detto presente INDETERMINATO od anche indefinito, dove non ha senso parlare di spazio e neppure di tempo (ecco il motivo del "presente"). Tutto chiaro? Parrebbe, ma andiamo avanti.
Risulta ovvio che ognuno degli infiniti punti della realtà "genera" un proprio cono spaziotempo, quindi vi sono infiniti coni, ognuno con la sua dimensione temporale. Occorre quindi effettuare una ulteriore "semplificazione". Si è detto che l'evento è un punto, ovvero senza dimensioni, ma è relativo: rispetto l'universo, la terra può essere il punto evento, noi possiamo essere l'evento. Ora tutti nasciamo, viviamo per un certo tempo e poi cessiamo di vivere. Quindi i nostri coni hanno un inizio ed un termine. I coni che non intersecano il nostro, per noi sono inesistenti, mai esistiti. I coni che intersecano il nostro, al contrario, esistono e possiamo avere rapporti con loro, ad esempio di causa-effetto. Facciamo un semplice esempio. Guardiano una stella relativamente vicina a noi, diciamo dieci anni-luce (distanza percorsa dalla luce in 10 anni), bene, la vediamo come era dieci anni fa. Sulla stella vedono noi come eravamo dieci anni fa. I due coni sono sullo stesso piano temporale. Ora supponiamo che la stella esploda. Per noi non succede proprio nulla, occorre attendere che il suo cono "attuale" intersechi il nostro, ovvero occorre aspettare 10 anni per vederne l'esplosione. Questo significa che pur essendo sullo stesso piano temporale, in effetti il "tempo" non è lo stesso, ecco perche è indeterminato. Per lo stesso motivo, se un cono non interseca il nostro, per noi non esiste proprio. Tutto chiaro? Inizio ad avere qualche dubbio. Potreste chiedere, ma come mai vediamo la stella, anche se è sul nostro stesso piano temporale? Dovremmo attendere dieci anni! No, per il semplice motivo che i raggi della stella che noi vediamo appartengono al piano del passato, appunto di 10 anni, e ci raggiungono ora. A questo punto possiamo anche credere di aver compreso qualcosa di "fisica reale". Allora domando: ma la luce, nella sua dimensione temporale, quanto tempo ha impiegato per raggiungere la terra? Dieci anni? Assolutamente NO, la luce, nella sua dimensione, non ha impiegato nessun tempo, o precisamente un tempo nullo: la luce, rispetto la luce, è ferma. Quindi, quasi tutti, i divulgatori della "minima cultura popolare" sbagliano (min-cul-pop sarebbe il sinistro ministero...., ma mi pare più appropriata la mia traslazione) . Non è assolutamente vero che alla velocità della luce impiegheremmo 10 anni a raggiungele la stella dell'esempio! La raggiungeremmo subito. Quindi nessuna necessità di ibernazione fantascientifica. Certo, la cosa è al di fuori del "nostro comprendonio", specialmente se rammentiamo quello sopra detto (Relatività): noi stiamo già viaggiando alla velocità-luce.
Ognuno degli infiniti "punti evento" di cui è composto il nostro corpo appartiene ad un diverso cono spazio-tempo e ad una dimensione spazio-temporale propria: ed ecco il motivo per cui noi abbiamo il nostro aspetto fisico, occupando  aree dello spazio ben precise, ognuna appartenente alla sua dimensione temporale. Questo succede per il fatto che la luce ha una velocità finita. Se la velocita luce fosse infinita, non avrebbe senso la dimensione tempo del cono, e l'evento, tutti gli eventi, sarebbero senza passato e senza futuro. Quindi niente cono spazio-temporale, anzi essendo i punti adimensionali, tutto si ridurrebbe ad un solo punto, infinitamente piccolo: noi saremmo ridotti ad un solo punto immateriale, ossia non esisteremmo, e non esisterebbe nulla. Ma non è così, la luce ha una velocità misurabile (un metodo usa gli specchi rotanti). Abbiamo pure visto che la velocità della luce è relativa: nel suo "tempo" la velocità luce è nulla. E qui cadiamo in un altro paradosso: come abbiamo visto, la materia di per se stessa non esiste, ma per quanto detto ora, neppure il nulla esiste. Rammento che il "vuoto" ha delle "costanti",  conosciamo quelle elettromagnetiche che rendono possibili i relativi "campi". Ora, con i coni spazio-tempo si parla proprio dell'inesistenza del "nulla", senza la maschera pragmatica della dizione "vuoto". Ovviamente, quello che per noi è "nulla" in realtà non è propriamente "nulla", ma esiste in qualcosa che non sappiamo, o non possiamo comprendere. Ci ripetiamo sempre: la realtà, per noi, è assolutamente aliena. Possiamo accedere alla teologia, per metterci il cuore in pace. Molto convincente mi pare la parabola di Sant'Agostino: "camminando pensieroso sulla spiaggia, vede un ragazzino (angelo) che con un cucchiaio andava a raccogliere l'acqua del mare e la versava in una piccola buca, quindi gli chiede cosa stesse facendo; il ragazzo rispose: voglio travasare il mare in questa buca. Sant'Agostino si mette a ridere, ed il ragazzo, serio, dice "tu cerchi di comprendere cose molto più grandi del mare, con ragionamenti più piccoli del cucchiaio, ed una mente più piccola della mia buca". Ecco, l'analogia con noi, mi pare veramente azzeccata. Mai potremo comprendere la verità, ma basta conoscere qualche "regola, costante, principio", uno spiraglio anche insignificante sulla verità naturale, ed il gioco è fatto: possiamo sfruttare questa conoscenza, con le 
dovute cautele ed i limiti imposti dalla natura, ricordando che, in verità, non sappiamo esattamente quello che stiamo facendo.  
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PARADOSSO di EINSTEIN
Esaminiamo ora il noto "paradosso dei gemelli" di Einstein, dove viene ipotizzato che un gemello parta per una meta lontana vari anni-luce, e l'altro rimanga "fermo" in Terra. Se il gemello in viaggio raggiunge velocità vicina alla luce, e torna sulla Terra, troverebbe il fratello molto più invecchiato di lui.
Ipotizziamo che sia possibile raggiungere, diciamo in un giorno, la velocità luce, e che l'accelazione relativa non ci disintegri. Ipotizziamo pure di avere un telescopio tanto potente da vedere, anche a distanza di anni-luce, le persone sulla Terra.  Supponiamo che la meta sia un pianeta della nebulosa di Andromeda, circa a 2,54 milioni di anni luce da noi.
Inizia il viaggio: il vettore spaziale  è sulla rampa di lancio, e parte. Mentre viaggiamo vediamo le persone sulla terra, sempre in sincronismo temporale con noi, smontare la rampa di lancio. Dopo un giorno (per quanto detto in relatività) raggiungiamo la meta. Guardiamo la Terra, e non vediamo passato e neppure futuro, siamo sempre in sincronismo temporale. Parrebbe di vedere la Terra come è veramente, ma non può essere possibile: infatti la Terra che vediamo dalla meta di Andromeda, è vecchia di circa due milioni e mezzo anni luce.
Ora torniamo indietro, e vediamo , in un giorno, tutti gli avvenimenti terrestri in successione temporale rapidissima. Quando raggiungiamo la Terra, ammesso che esista ancora, sono trascorsi più di cinque milioni di anni, ma per noi (viaggiatori), poco più di due giorni. Non può essere altrimenti: non è possibile sovvertire causa-effetto, e neppure interagire con passato o futuro.
Ovviamente questa è solo teoria, ed al momento senza un aggancio ad una possibile sperimentazione "reale". Rammento che noi subiamo l'attrazione gravitazionale che corrisponde a 9,8 metri al secondo ogni secondo, dimensionalmente una accelerazione detta gravità. Per allontanarci dalla Terra serve una accelerazione superiore alla gravità. Ma se siamo nello spazio, praticamente con  gravità terrestre trascurabile, su di un missile con una accelerazione uguale alla gravità, avremmo la sensazione di essere sulla superficie terrestre, tutto normale quindi. L'esperimento è attualmente possibile, ed è stato fatto, come è anche possibile simulare l'assenza di gravità, accelerando verso la terra con lo stesso valore. Il problema è che "il bel gioco dura poco", infatti, al momento, l'unica spinta spaziale realizzabile è la reazione, ovvero debbo gettare via parte del mezzo di trasporto (missile) per avere la spinta contraria. Se abbiamo sufficiente materiale da buttare, ecco che, senza disagio gravitazionale, raggiungiamo (per l'orologio della Terra) la velocità della luce in 347 giorni circa, meno di un anno. Un paradosso è che possiamo raggiungere immediatamente un punto comunque lontano del nostro universo, sino al confine del medesimo. Dal punto di vista matematico le cose non sono così semplici: man mano che la velocità del mezzo aumenta, sulla Terra percepirebbero il tempo dei viaggiatori in modo diverso, quindi il calcolo sarebbe più complesso. In ogni caso il tutto rimane, per noi paradossale. la teoria della relatività contrasta con la teoria quantistica, la teoria corpuscolare contrasta con la teoria ondulatoria. Questo ci riporta al nostro obiettivo: la realtà fisica è un qualcosa di diverso, per noi incomprensibile, irraggiungibile. Le Teorie, in quanto tali, sono assionomamente errate. Ma ricordiamo che tutte le teorie (quelle non del tutto sofistiche) ci aiutano a spiegare parte dei fenomeni naturali, della realtà fisica. Ciascuna teoria apre uno spiraglio su di una parte del "vero", senza mai comprenderlo veramente, risulta ovvio che dette teorie si neghino a vicenda: tutte sono false, se prese in assoluto, in una visione globale. Detto questo, ribadisco: la teoria più aderente a parte della realtà fisica, continua ad essere quella della relatività, inconciliabile con quella quantistica, che rimane pure imporantissima. Fintanto che esiste il dubbio, esiste la speranza, di progredire, di imparare, ecc., in ogni senso. Per contro, la certezza è la tomba del progresso, della libertà, civiltà, ecc., in ogni senso. Chi è certo, non accetta critica, obiezione, ragionamento, ecc., ed è pronto ad incenerire chi non crede.
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Osservazioni ATEORICHE
Cercheremo di mettere in pratica l'osservazione galileiana, senza cercare di formulare nessuna teoria, quindi in modo ateorico.
Osservando l'osservato delle varie teorie si evince una costante: la non uguaglianza, anche temporale, di qualsiasi parametro. Noi stessi mutiamo istante per istante. La cosa è evidente dopo un certo lasso di tempo: non siamo più quello che eravamo, e non solo nell'aspetto. 
Ritorniamo nell'ambito fisico-mtematico. Abbiamo visto il "problema delle due palle", dove si evidenzia come il magnetismo si genera dalla variazione del campo elettrico. Solo un campo elettrico variabile genera un campo magnetico. Ma è vero pure il contrario: la variazione di un campo magnetico genera un campo elettrico. Questi fatti concreti sono ampiamente sfruttati in elettrotecnica (motori, generatori, centrali, ecc.). Abbiamo anche visto che la spiegazione (del problema delle palle) dimostra la relatività temporale, senza bisogno di coinvolgere velocità improbabili. Quindi essenziale è la variazione, la non "uguaglianza" temporle dei parametri. Nel caso della luce (teoria ondulatoria) la medesima esiste proprio, e si propaga per la trasmutazione continua del parametro "campo elettrico" in "campo magnetico" e viceversa. Il campo elettrico varia da zero ad un massimo, poi scende, supera lo zero e prosegue negativo sino a raggiungere il minimo (massimo negativo), quindi risale, supera lo zero, sino al massimo ecc., ecco l'oscillazione, ed il termine "ondulatoria". Mentre il campo elettrico varia si genera un campo magnetico, nello stesso modo, sfasato di 90 gradi. La variazione del campo magnetico genera altro campo elettrico, tipo un "moto perpetuo". Ma il nuovo campo elettrico variabile, ed il conseguente campo magnetico variabile sono "spostati" nello spazio-tempo, quindi l'onda di luce elettromagnetica si sposta alla velocità (nel vuoto) massima, la velocità-luce, appunto. Quanto detto succede per tutte le onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio (si dice impropriamente, nell'etere). Abbiamo detto che ad oscillare sono campo elettrico e magnetico che si generano a vicenda, ma che cosa siano questi campi, del tutto empirici (che che si dica), precisamente non si sa proprio, malgrado tentativi di fisici illustri, Einstein compreso. Si sa che le costanti relative elettriche e magnetiche appartengono al "vuoto", ovvero al "nulla", come abbiamo detto. Se il nulla oscilla, è esso stesso in continuo cambiamento, e si convalida la nostra osservazione ateorica (senza teorizzazione) del cambiamento continuo.
Osservando il "grafico" del cono spazio-temporale, si osserverebbe una realtà "statica". L'osservatore al di fuori dei coni,  nel "presente indefinito" vedrebbe passato, presente e futuro di ogni cosa, staticamente. Se consideriamo la Terra (pragmaticamente: un evento sulla Terra) come punto, ed analogamente un punto-evento nella nebulosa di Andromeda, e raffiguriamo entrambi  nel grafico del cono spazio-tempo, ipotizzando una distanza fissa di 2,5 milioni anni-luce, il cono relativo all'evento su Andromeda sarebbe una retta che si dirama sia verso l'alto che verso il basso. Per un evento-viaggiatore che parte dalla terra avelocità luce, sarebbe una linea con la pendenza della generatrice del cono terrestre (velocità luce). Questo viaggiatore raggiungerebbe la linea verticale (posizione) di Andromeda, proprio dopo 2,5 milioni di anni luce, gli stessi della distanza Terra Andromeda. Constato che il grafico, come descritto è palesemente errato: ben facendo parte della relatività, contrasta con la medesima. La spiegazione "naturale", come al solito è semplice: il grafico in oggetto rappresenta una realtà "statica", sebbene comprenda l'asse del tempo. Istante per istante il viaggiatore vedrebbe la "sua" realtà modificarsi. Attenzione (realisti, razionalisti, deterministi e via dicendo): non si tratta di un punto di vista, ma è veramente la realtà del viaggiatore, in caso contrario , ad esempio, si negherebbe il magnetismo, e non funzionerebbe nessun apparato elettromagnetico. Ma, una tale rappresentazione, richiederebbe grafici ultradimensionali, superiori al terzo, anche rimanendo nella semplificazione delle sole due dimensioni. Si potrebbe ovviare (ipotesi personale) con un filmato che proietti istante per istante i grafici variati, se vi fosse accelerazione. Si osserverebbe che il parametro "distanza" relativo al viaggiatore varia al variare della velocità, sino ad annullarsi alla velocità luce. Questo sarebbe perfettamente in linea con la relatività. L'osservazione che ci interessa è che, anche in questo caso la staticità, l'uguaglianza delle cose e della stessa cosa nel tempo, non è reale, più precisamente non è parte del piano "naturale", non è possibile.
Rammento che quanto detto è sì una osservazione , ma ipotetica. Al di fuori del cono-spaziotemporale, ovvero al di fuori della velocità luce, non esiste affatto lo spazio, e neppure il tempo, quindi è, ripeto, il grafico ad essere forzatamente "inesatto" per carenza umana. Bastava dire che, entrando nello spazio indeterminato, il cui "confine" è proprio la velocità luce, le distanze ed il tempo sono nulli. Ovviamente questo non ci fornisce affatto un'idea dell'osservatore "esterno" e della sua realtà, esattamente "come volevasi dimostrare", e l'osservazione (della teoria) risulta convalidata.   
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CONFINI MATEMATICI
Confini matematici? Siamo pazzi? Per la fisica, la cosa è diversa: non abbiamo la "pietra di paragone", non conosciamo la verità. La matematica teorica non può avere confini, paletti che limitano i calcoli. La matematica non è sicuramente di origine od invenzione umana: se erri un calcolo, ti dicono "te lo sei inventato", infatti nulla si inventa in matematica. Essendo analisi dettata dalla natura, viene anche definita "linguaggio naturale".
Detto questo, osserviamo cosa succede, in teoria, accettando la numerazione che parte da zero, sino all'infinito, facendo calcoli elementari.
Per raggiungere lo zero, partendo dall'unità 1, occorre dividere l'unità più volte: ad esempio "1:100 = 0,01", ma è più comoda l'annotazione 1/100. Se proseguiamo sino all'infinito (simbolo un 8 coricato, ma noi usiamo semplicemente la lettera "i"), otteniamo 1/i=0. Ovviamente qualsiasi numero diviso infinito è zero, quindi 1/i=2/i=3/i=0, quindi 2/i-1/i=1/i=0-0=0. zero meno zero rimane sempre zero. Il fatto che qualsiasi numero diviso infinito sia zero ingenera una certa perplessità, ma sorvoliamo. Se avessimo usato la formula 1-1=0 avremmo ipotizzato lo zero, ma non lo avremmo ricavato; infatti 1-1 non significa che si "distrugge" 1, ma che semplicemente lo si "toglie" dal calcolo e lo zero viene ipotizzato.
Per tentare di raggiungere l'infinito, partendo da 1, occorre dividere l'unità per un numero più piccolo: ad esempio uno diviso un millesimo è uguale a mille (1/0,001=1000); quindi proseguendo sino a zero otteniamo 1/0=i, uno su zero uguale infinito. Analogamente, qualsiasi numero diviso zero è uguale ad infinito. Osserviamo che, per ricavare zeroccorre l'infinito, e per ricavare l'infinito occorre lo zero.
Ora osserviamo il calcolo di zero su infinito, che dovrebbe fornire sempre zero: 0/i = 0/(1/0) = 0 0/1 ovvero zero per zero su uno, quindi 0/0=1, zero su zero uguale uno. Dal momento che qualsiasi numero su infinito è zero, significa..... che 0/0 può essere qualsiasi numero, quindi 0/0 è indeterminato ovvero indefinito! Bello!
Se osserviamo il calcolo analogo partendo da 1/0=i avremo 1/(1/i)=i quindi i/i=1 ; infinito su infinito può essere un qualsiasi numero, dal momento che possiamo iniziare da 1/i=2/i=3/i ecc. quindi anche i/i è indeterminato. Proseguendo l'osservazione di analisi matematica teorica, notiamo che pure zero per infinito è indeterminato. Risulta pure negata la numerabilità, cone avevamo visto per la matematica applicata alla fisica. Ecco una possibile osservazione teorica: 0/0=0/(1/i)=0i/1=i quindi 0i/i=1 semplificando 0=1 Bellissimo!  Meglio: 2/0-1/0 = 0 ; quindi (2-1)/0=0 ; 1/0=0 ; ergo infinito=zero ! Godorioso.
Immagino l'espressione dei deterministi a vedere indeterminazione nella scienza teorica per definizione "esatta". Il rimedio razionalissimo è stato semplicemente di censura totale, un divieto, un Tabù, con la decisione totalitaria: "non si può fare". Cero che si può fare, siamo noi umani a non poterlo fare, dobbiamo porci dei "confini" anche teorico-matematici.
Per la verità i confini ce li impone la stessa matematica, anche teorica, infatti, per noi, i due estremi zero ed infinito, semplicemente non esistono. Noi possiamo solo ipotizzarli teoricamente, con i confini visti. Per lo zero, si può considerarlo in modo relativo, come origine. L'inganno della semplice operazione 1-1=0 è palese: non si può eliminare una unità od un qualsiasi numero, ma solo toglierlo dall'operazione, dalla considerazione. Rammento il postulato fondamentale di Lavoisier
"nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma".
L'osservazione ci ha mostrato uno spiraglio su alcuni confini anche teorici per la mente umana.

CONFINI LOGICI
Nella matematica "umana" si è stabilita una numerazione a base dieci, per il fatto che noi abbiamo 10 dita. Nella matematica logica si parte dalla base più semplice, zero ed uno, ma possiamo anche dire: vero e falso, acceso e spento, alto e basso, ecc. ecc. Questa viene detta base binaria.  Per esprimere, in binario, numeri che da 0 arrivano a 9, occorrono 4 cifre (bit), da 0000=0 a 1001=9 , ma come si vede, la numerazione binaria prosegue: 1010=10 sino a 1111=15. Osserviamo subito che la numerazione umana a base 10 non è razionale. La numerazione a 4 bit viene detta esadecimale e, dopo il 9 prosegue con A,B,C,D,E,F, intesi come numeri e non come lettere alfabetiche. Questa è la base degli elaboratori (impropriamente detti computer). Il vantaggio è evidente, con sole due cifre, in decimale si arriva a 99, in esadecimale a 255. Ovviamente la traslazione da esadecimale in decimale (per nostra comprensione immediata) è semplicissima, e non stiamo qui a descriverla. Esiste l'algebra di Boole, che usa operatori logici, tutti materializzabili concretamente, ad esempio, con circuiti elettronici. Gli operatori logici sono essenzialmente "and" ovvero "anche", "e" ; "or", "oppure", "o" ; invertitore "inverter" e sono detti "porte". Se in una porta "and", a due ingressi, entrambi gli ingressi sono 1 pure l'uscita è 1, negli altri casi 0; se in una porta "or" a due ingressi, almeno uno dei due ingressi è 1 anche l'uscita è 1, altrimenti è 0. In pratica sono molto utili porte dette "nand" e "nor", le stesse viste, ma con uscita invertita, ovvero con un inverter in uscita. Si nota subito una certa "forzatura" nelle descrizioni: ad esempio la porta "and" può essere vista come "or", basta considerare "vero" lo zero: infatti se  un qualsiasi ingresso è zero l'uscita è 0 . Analogamente la porta "or", nelle medesime condizioni si comporta come "and", infatti l'uscita è 0 se entrambi gli ingressi sono 0.
L'algebra di Bool, elaborata con l'intento di "semplificare" circuiti complessi, si è dimostrata del tutto inutile: non può semplificare proprio nulla. La semplificazione sulla carta non corrisponde ad una semplificazione (risparmio di porte) in pratica. L'illusione è nata per un ulteriore limite anche matematico, fra teoria e pratica reale. Quando si "risolve" ovvero si trovano le "radici" di una equazione, ecco cosa succede: si inizia con una formula che può essere molto lunga e complessa, a cui segue un "eguale" =, quindi una formula meno complessa, altro =, altra formula e così via, sino a raggiungere la "radice". Attenzione, parrebbe che la formula iniziale sia esattamente uguale alla radice finale, lo provano gli "=", ma non è così, la vera soluzione della formula è la stessa formula, senza le semplifiazioni che hanno condotto alla radice. La radice serve a noi per comprendere "l'essenza" della formula, altrimenti umanamente incomprensibile, ma le semplificazioni distorgono la realtà. Faccio un esempio elementare: esco e vado ad acquistare 1 kg di pane, quindi ritorno, compio un delitto, e riesco a comperare un ulteriore kg di pane: 1+1=2 (grammo più o meno) e al commissario che indaga sul delitto non fornisco la formula, ma la radice, dico di essere uscito per comperare due kg di pane. Questa non è la verità, che svelerebbe la mia colpevolezza. Cosa significa? Che fare i conti non serve a nulla? Certo che serve! Senza calcoli non capiremmo quasi nulla. Ovvio che se disponessimo di una intelligenza sovrumana, molti calcoli sarebbero inutili, vedremmo la realtà in modo molto più adeguato, e le radici sarebbero lapalissiane, anzi non servirebbero proprio.



CONFINI dei COMPUTER

Gli elaboratori sono detti impropriamente computer dall'inglese, infatti detti non computano proprio nulla, senza un programma apposito, ovvero, senza una serie di algoritmi (istruzioni esadecimali) detti appunto programmi (applicativi, comandi ecc.). La funzione basilare dell'elaboratore (computer) è quella di poter simulare, con gli stessi e soli componenti di cui è fatto, una varietà enorme di apparecchiature differenti. In breve il computer simula, e memorizza la simulazione in tempi brevissimi. Quindi può sembrare,ad esempio, una macchina scrivente e "contemporaneamente" far vedere lo scritto su di un monitor, con possibilità di correzione, variazione, scelta di carattere ecc. ecc. quindi registrare il tutto su memoria permanente.  In realtà le varie funzioni sono effettuate serialmente (e memorizzate) in successione rapidissima tanto da apparire immediate e contemporanee.
Quindi l'elaboratore simula. Più precisamente appare come i programmi lo fanno apparire, senza esserlo veramente. Essendo velocissimo può simulare vari apparati contemporaneamente, sia di comunicazione che di calcolo che operativi, ad esempio "al comando" di macchine utensili. Quindi l'elaboratore può apparire una macchina "intelligente". Esiste infatti una cosidetta "intelligenza artificiale" quando un elaboratore si autoprogramma per "apprendere" e "migliorarsi" senza diretto intervento umano. Anche se sono in grado di simulare piloti di grandi aerei con passeggeri ecc. ecc., rimangono solo macchine simulatrici non coscienti.
Ma è possibile "simulare" il simulatore, ovvero lo stesso computer? Certamente SI, utilizzando solo memorie. La cosa pare impossibile, ma è stata realizzata per una serie di complessi elaboratori (computer) dedicati al controllo "intelligente" del traffico urbano, con la filosofia detta "onda verde" molto in uso (all'epoca). Una unica semplicissima scheda montava solo memorie, che operavano come un elaboratore che controllava i passaggi veicolari, le chiamate pedonali, il sincronismo dell'onda verde (detto semaforo intelligente), ecc. regolando tempi, colori e fasi in conseguenza. Teoricamente non avrebbe dovuto funzionare: un famoso direttore (di politecnico), vedendo la scheda disse che se fosse stato il progetto di un suo ingegnere (o studente) lo avrebbe bocciato, ma, visto che funzionava, anche se empiricamente, allora era umilmente da accettare. La spiegazione è contraria alle consuete teorie, ma aderente alla osservazione umile del "reale".  Se una memoria (sufficentemente capace) rammenta (essendo programmata) le funzioni di un elaboratore, lo può benissimo emulare. Faccio un ulteriore semplice esempio di simulazione, non teorico, ma testato: in un apparecchio serviva il calcolo del logaritmo a base 2, in tempi tanto brevi, che neppure i più sofisticati computer potevano riuscire a soddisfare. Bene, una memoria era stata usata in questo modo: gli ingressi, usati normalmente come indirizzo, erano invece destinati a ricevere il parametro da calcolare, e l'uscita era programmata con il relativo valore logaritmico. Ovviamente occorreva una tabella con tanti valori quanto era la capacità degli ingressi, ed il gioco era fatto. Con il solo tempo di ritardo della memoria, si otteneva il calcolo. Se poi si desiderava che la memoria eseguisse più funzioni, bastava riservare parte degli indirizzi per selezionare le funzioni. Se servivano due operatori (calcoli) bene, metà ingressi-indirizzo per un operatore, i rimanenti per l'altro.  Osservare che  non viene eseguito nessun calcolo: non serve, la memoria non ne ha bisogno, proprio come ad un umano con memoria sovrumana, non serve trovare nessuna radice. Quindi si conferma l'osservazione, in modo reale, che la vera radice di una funzione è la funzione stessa.
Il cuore di qualsiasi computer viene detto "CPU" ovvero "
Centrale Processore Unità", ed esegue varie funzioni logiche e matematiche, secondo una serie di algoritmi in "linguaggio macchina" esadecimale, basilarmente a 16 bit (cifre binarie), oggi anche 64 bit. Supponiamo di dover moltiplicare due numeri, e una delle funzioni della CPU sia la somma, ecco uno dei possibili algoritmi: si somma il primo numero con il secondo, si memorizza il risultato,chiamiamolo M, si toglie 1 al primo numero e si memorizza, chiamiamolo A, si controlla se A è nullo e nel caso negativo si prosegue, si somma il risultato M con il secondo numero, si memorizza in M, si toglie un ulteriore 1 al numero A memorizzato. si controlla se A è nullo e nel caso negativo si prosegue,  si continua sino a che il numero A memorizzato sia nullo. Osservato in questo modo il computer non appare affatto "intelligente", infatti non lo è. Sembra paradossale, ma gli "stupidi" elaboratori hanno sfatato molte credenze "umanistiche" sulla presunta razionale ed illuminata "intelligenza" umana. Molte cose si reputavamo prerogativa umanistica... frutto della illuminata intelligenza, invece possono essere fatte da una machina, che, come abbiamo constatato, simula, ma non è affatto il "cervello elettronico"  supposto. La macchina elaboratrice "computer" può tradurre e traslare, fare analisi grammaticale, correggere errori di testo, riconoscere fotografie, disegnare ecc. ecc. ma, ripeto, non è intelligente .
Pure la CPU si può ovviamente emulare, sempre con memorie.  Non è teoria, è stato realizzato.
Ecco un ulteriore apparente "paradosso" che la dice lunga sui "luoghi comuni" razionalisti. Serviva un apparecchio che misurasse esattamente il tempo di esposizione. Con un apposito visore (oscilloscopio) la curva di esposizione (rapida) risultava tipo il contorno di una collina, da zero (sempre con bordi arrotondati) la curva saliva (magari con fluttuazioni) sino ad un massimo, poi ridiscendeva a zero.  L'approccio razionale diretto sarebbe stato di tipo "servosistemico" ovvero si inizia a misurare ad un certo "livello" di luce, e si smette ad un livello inferiore, onde evitare oscillazioni. Ma questo non è assolutamente il tempo "relativo" che si avrebbe con un'onda quadra, ovvero che da zero raggiunge immediatamente il massimo, dura il tempo relativo, quindi scende immediatamente a zero. In pratica questo è impossibile da realizzare, ma funziona egregiamente, ed è largamente usato per tempi lunghi e partenze rapide, tipo corse ecc. utilizzando fotocellule e cronometri. Il problema si è risolto senza misurare il tempo (ecco il paradosso razionale) con un computer che effettuava il calcolo dell'integrale della curva, e lo divideva per il valore massimo: il risultato è appunto il tempo relativo dell'onda quadra equivalente. Qualsiasi misura diretta del tempo sarebbe stata fuorviante, e si palesa la premessa "occorre avere una mente aperta" anche all'irrazionale
.

ENERGIE ALTERNATIVE e INQUINAMENTO
Mettiamo subito in chiaro che la quasi totalità energetica sfruttabile proviene dal Sole. l'energia geotermica (quella di origine terrestre) è trascurabile, e l'energia nucleare, non penso rientri negli schemi dei sedicenti "naturalisti", ed in ogni caso è minima. Ma l'energia dei combustibili? Tutta energia solare. La legna e derivati cosidetti "ecologici" provengono dalla vegetazione arborea. Più precisamente gli alberi ricavano il carbonio (ecco il combustibile) dagli ossidi di carbonio, principalmente anidride carbonica (non combustibile), dell'aria, tramite la funzione clorofilliana attivata dall'energia solare. Il carbonio ottenuto dall'anidride viene utilizzato dalla vegetazione e l'ossigeno restituito all'atmosfera. Equilibrio naturale perfetto.
I combustibili fossili: petrolio, carbone e derivati come benzina, gasolio ecc. ecc. sono energia solare concentrata, proveniente da organismi non solo vegetali, vissuti milioni di anni fa, grazie all'energia del Sole.
Altro fattore da tenere sempre presente è che senza biossido di carbonio, ovvero anidride carbonica, nell'aria, non potrebbe esserci vegetazione. Il carbonio è il principale componente degli alberi e non è nel terreno, viene "assimilato" dalla anidride carbonica grazie alla clorofilla (il verde) e l'energia del Sole.
Osservazione naturale di base, Attenzione:
"SENZA ANIDRIDE CARBONICA NON POTREBBE ESSERCI VITA SULLA TERRA"
Questa ovvietà si manifesta con la "catena alimentare": senza vegetazione non vi possono essere erbivori, quindi niente carnivori, e niente onnivori.
Proprio il contrario di quanto strombazzato a destra ed a manca, con tanto di "leggi" che dovrebbero "tutelare" l'ambiente, ed a volte lo distruggono
Il Sole fornisce un'energia direttamente convertibile meccanicamente, sfruttata da millenni. Oggi questa energia viene utilizzata principalmente per generare corrente nelle centrali idroelettriche. Questa è vera energia ecologica: il Sole fa evaporare acqua dai mari ed oceani, e la pioggia (o neve) la deposita in montagna, e finisce nei laghi. Basta incanalarne una parte, ed il gioco è fatto: ogni metro cubo per un metro di altezza fornisce circa dieci mila (dieci kilo) watt.
Le celle fotovoltaiche? Funzionano con energia solare. Sempre il Sole muove i venti e fa funzionare  le orribili "Pale eoliche".
 Proprio su Internet, illustri menti ecologiche hanno acutamente sancito il limite di "velenosità" del biossido di carbonio (anidride carbonica). Noi emettiamo, ad ogni respiro, circa il 4% di anidride (carbonica), quindi astutamente sono pervenuti alla soluzione: il limite di tollerabilità dell'anidride è il 4%, stupendo! Non possono dire che è inferiore, altrimenti saremmo tutti morti per autoavvelenamento. Quindi se voglio debilitare ed uccidere una persona basta che gli faccia la respirazione bocca a bocca. Come? Si usa per salvare un morente? Se uso una tenda (ad ossigeno) od un sacchetto di plastica, con un apporto minimo di ossigeno del 18%, anche se ben presto l'aria che respiro è praticamente solo biossido di carbonio (anidride) ed ossigeno, vivo benissimo. Unica precauzione: l'anidride è più pesante e cerca di stagnare in basso, mentre l'ossigeno tende a rimanere "sopra", quindi. per concentrazioni elevate od elevatissime di biossido, occorre un ventilatore che misceli l'aria, permettendo l'inalazione minima di ossigeno.
I saggi e dottissimi divulgatori di palle ecologiche compiono artatamente o, peggio, incoscientemente, la confusione fra biossido e monossido: il monossido è, per noi, molto velenoso, distruggendo la funzione dell'emoglobina.
Viene pure detto che l'anidride farebbe aumentare la temperatura globale. Peccato che, come detto, il biossido essendo pesante tenda a concentrarsi in basso, e non nell'alta atmosfera. Apro una parentesi: per il carbonio si usa sia il termine "anidride" propria dei metalloidi, sia il termine "ossido" proprio dei metalli. Il fatto è che il carbonio si comporta sia come metalloide che come metallo. Ovviamente le definizioni chimiche sono umane, quindi, come il solito, non proprio esatte.
Rammento che la Terra ha avuto ere caldissime, ere glaciali, sconvolgimenti vari. Ad esempio, solo due millenni fa (nulla rispetto la durata delle ere) la Libia era considerata "il granaio d'Europa", vi pascolavano gli elefanti, che richiedono abbondante vegetazione (erba). Oggi è un serbatoio di sabbia, e l'uomo non può averne colpa alcuna. Si conferna l'estrema arroganza "umanista". Per curiosità rammento un calcolo, effettuato all'Università, per conoscere l'energia necessaria a "provocare" un modesto temporale locale estivo: al minimo occorre l'energia di ben tre bombe atomiche. E non si parla di cicloni o tornadi o fenomeni su larga scala. Attenzione, non sto asserendo che l'uomo non può inquinare localmente e temporaneamente a suo danno.

Come si osserva palesemente, vi sono palle "umaniste" anche di onnipotenza, molto peggiori di quelle fisiche e matematiche. Storicamente quasi tutte le volte che l'uomo è intervenuto "per salvaguardare l'ambiente" ha provocato danni enormi. Forse per il fatto che non conosciamo la "verità" ma ci sentiamo semidei?
Gli umanisti non usano il termine "teoria", ne conoscono i limiti , e si vantano di non aver bisogno di empirismo, ovvero di evidenza "reale", ed assurgono a principio il termine "teorema", come verità "al di sopra di ogni sospetto". 
Ecco un illuminatissimo "Teorema" del fu illustre professore storico J. H. Parry, della Università di Harvard: "Nella ricerca storica bisogna impadronirsi di qualsiasi indizio provante il nostro obiettivo, mentre bisogna scartare tutti gli altri, che contrastano con la nostra ricerca ed il nostro provato".
BELLISSIMO esempio di umana sedicente ricerca della verità (di comodo)!
Se non altro, la scienza, con i suoi limiti, ha dimostrato che gli indizi non sono mai reali e non possono mai, anche in gran numero, assurgere a prove. Abbiamo osservato che, anche le prove, non possono mai raggiungere la verità assoluta.
Ma secondo l'umanesimo illuminato, tre indizi fanno una prova, poi scartando tutti gli indizi contrari, ecco formulato il razionalissimo Teorema! Purtroppo la cultura umanistica è diventata pure cultura giuridica..... Bo! Qui abbiamo raggiunto le palle mongolfiera! I gioielli di famiglia (testicolari).
Serve a qualcosa osservare che anche la pomposa "Scienza Politica" è allo stesso livello di famigliare gioiello? No, certo. Parlando di politica (polis etica) rammento che la tanto incensata "democrazia", letteralmente dittatura del popolo, è un'utopia platonica, inesistente, assolutamente impossibile a realizzarsi. Lo diceva Platone nel suo trattato "Utopie". Anzi, precisava che l'unione di democrazia con repubblica (cosa pubblica) è catastrofica. Questo spiega molte cose.

RADICE delle Osservazioni
Che l'uomo sia simile alla bestia, risulta ovvio, lo dice chiaramente la Vulgata (Bibbia), anzi dice addirittura (Ecclesiaste) che l'anima degli animali e quella umana hanno lo stesso destino. A dire il vero lo dice pure Gesù Cristo, ma è artatamente obliato, proprio dai cristiani. Come  si osserva, non ho citato capitolo e versetti. Il motivo è semplice la Bibbia non ha capitoli e tantomeno versetti. I versetti appartengono alle Sure islamiche (Sure=comandamenti coranici), e possono distorcere del tutto l'interpretazione della fluente prosa biblica. Inoltre i versetti (postumi) non coincidono in tutte le Bibbie. Bibbia significa Biblioteca israeliana (Gesù era ebreo), ed è composta da vari libri, indipendenti, che trattano argomenti diversi, come Guerra, Amore, Proverbi, Salmi, Vite illustri, e anche argomenti Ecclesiastici (ecclesia = insegnamento universale). La cosa "strana" (si fa per dire) è che proprio i libri che trattano dell'Amore fisico, e l'Ecclesiaste, sono censuratissimi. Il "Cantico dei Cantici" (significa il libro più bello fra i libri) che dovrebbe trattare nei particolari l'Amore fisico, è ridotto a poche pagine puerili.
Dal momento che le cosidette "Bibbie"moderne sono tutte con i versetti, anche quelle vantate "aderentissime all'originale" (che non esiste) Viene il sospetto che siano tutte apocrife. Poi nelle Bibbie attuali, anche quelle di lusso, sono cassati i prologhi originali. Per vedere una Bibbia, o Vulgata in italiano ancora aderente all'antico e non di parte (come quelle seicentesche), dobbiamo consultare una rarissima traslazione quattrocentesca del Malerbi (o Malermi), ed ancor più rara edizione post-incunabulo (guarda caso stampata da una donna), visibile in questo sito. Esistono anche Vulgate di inizio secolo scorso dette "interconfessio" meno di parte e meno cassate delle attuali. Attenzione: la Vulgata malerbiana non è di facile lettura, ben essendo in italiano, occorre un minimo di conoscenza paleografica, essendo ancora zeppa di abbreviature medioevali dette "note tironiane". Ecco la dicitura del frontespizio "Biblia Vulgare, Novamente Impressa, Corretta et Historiata, con le Rubrice et Capitolazione". Certo, quindi non "originale"ma completa sia di prologhi che di "lettere" dell'autore della Vulgata, Geronimo (Hieronino) (pudicamente detto San Girolamo) durante l'impero romano, verso e da Papa Damaso, che gli ha commissionato la Bibbia in Volgare (Latino). Ovviamente senza l'istoriazione, senza capitoli e senza versetti, ma già con alcune "correzioni" di cui Girolamo si lamenta.
 
 Domanda: ma l'uomo è veramente intelligente?
Secondo la Teologia, NO: l'intelligenza appartiene alla divinità, nella persona dello Spirito Santo. Noi possiamo solo, chi più chi meno, essere in sintonia con lo Spirito Santo.
Estraendo la radice delle precedenti "osservazioni", una risposta appagante sarebbe "forse un pochino", ma considerato che risulta evidente l'impossibilità dell'uomo a raggiungere la "verità assoluta", la radice più probabile è la stessa teologica: No, non potendo raggiungere la verità assoluta, l'uomo, di per se stesso, non è intelligente.
La famosissima frase cartesiana "cogito ergo sum" (prima metà '600) è una emerita balla.
Pure un personaggio (inesistente) di un sogno potrebbe dirlo e crederlo. Poi chi ci dice che un pensiero dimostri addirittura un'esistenza fisica? Potrebbe essere solo il risultato di  elucubrazioni,
elaborazioni mnemoniche meccaniche.
Come facciamo a dire che gli animali non esistono poiché non pensano?
Sempre che sia vero (personalmente non lo credo) che gli animali non pensino.
In questo modo sofistico si può dimostrare qualsiasi cosa!
Come esempio utilizzo (con arte) la teoria dell'errore e dimostro che sono un Mago! Vedo e prevedo che tutti gli uomini maschi con un numero di scarpe da 38 a 45, sono più intelligenti! Ma potevo dire qualsiasi cosa: che sono più stupidi, che vivono più a lungo o il contrario ecc. ecc. Ovvio! La maggioranza degli uomini rientra nella categoria scelta, quindi qualsiasi affermazione, rientra nella probabilità massima.
Metodo veramente usato non solo dai "maghi" e umanisti, ma da politici, dittatori, democratici ed astuti ciarlatani vari, per dimostrare la loro "sincera razionalità".
Sofismo, grande presa per il deretano dell'arrogante sedicente umanesimo.
Se domani si scoprisse un  essere assolutamente non umano, l'umanesimo lo escluderebbe per definizione stessa?
Mica sarebbero umani "non figli di Gesù" e neppure "figli di Maria"!
Lo stesso si diceva inizialmente degli autoctoni nord e sud americani.
E come ci dovremmo comportare? Come quando si scoprirono persone al di fuori del continente euroasiatico? Li useremmo come animali? Faremmo come i "civili" inglesi con i boscimani australiani? Useremmo le loro falangi per farne caricapipe?
 Bo! Lasciamo perdere.
Radice di tutte le osservazioni fatte su fisica e matematica: l'uomo si ritiene capace di comprendere tutto e di più, anzi crede di essere lui a partorire la scienza.
In realtà l'uomo, è limitato, e non solo nelle dimensioni e nel tempo, quindi non può e non potrà mai conosce nulla di veramente "vero e reale". Questo l'umanità non può accettarlo, autodefinendosi razionale, intelligente, cosciente, e via dicendo. Quindi riempie il suo "poco sapere" di sofismo e raffinate circonvenzioni.
Le rare personalità veramente "umili" ed in sintonia con uno spiraglio della vera intelligenza (non umana) sono coscienti dei limiti. Sono queste umili persone che portano avanti la nostra conoscenza, ci permettono di "utilizzare" le leggi naturali, ci conducono al progresso, ben sapendo di non essere mai nel "vero assoluto".
Vi sono poi i pallisti megalomani venerati come dei. Una curiosità, sveliamo una palla colossale, circa la bomba atomica, falso vanto statunitense, che ne attribuisce l'invenzione a Robert Oppenheimer, diceva con malcelato vanto a di essere divenuto "distruttore di mondi". Ma il merito (se merito lo vogliamo definire) non gli appartiene affatto.  La misconosciuta verità è del tutto diversa. Il progetto Manhattan (molto umano) è esistito veramente, ma non ha portato a risultati pratici. Nessuno dei numerosi test "atomici" ha avuto successo. Al contrario i tedeschi avevano raffinato l'uranio 235, e ne avevano per realizzare tre ordigni. Il materiale fissile era custodito a Berlino, ma Hitler, ben vantandosi di "possedere il martello di Thor" si rifiutò di usarlo, dicendo che lui voleva "possedere e civilizzare", (a suo modo) le genti e non distruggerle. Quindi esisteva solo materiale per costruire 3 bombe. In breve, gli statunitensi si impadronirono con una sortita di detto materiale.
La cosa curiosa è che 
Oppenheimer non credeva assolutamente che la bomba potesse esplodere, visti i suoi fallimenti. Quindi venne "sacrificata" una delle tre "dosi" per fare il famoso test.
La spettacolare esplosione con tanto di "fungo" fu sin troppo evidente, sappiamo bene come sono state usate le rimanenti due "dosi".
Ovviamente per il bene comune.
Umani Senza A
lcun dubbio.
Amen